Si rincorrono
varie versioni su come si andata la vicenda della rottura definitiva delle
trattative tra il Pd e Progetto Originario. La motivazione vera, tralasciando
quella legata ad antipatie personali che spesso toglie lucidità alla
discussione, risiede sostanzialmente nella freddezza dimostrata verso la
richiesta di cimentarsi in vere primarie di coalizione. Per vere intendo non
come quelle del 2009. Si chiedeva una competizione degna di questo nome, le cui
regole dovevano essere scritte dalla coalizione stessa, ma i cui tempi per la
preparazione dovevano essere congrui, adeguati a favorire la conoscenza dei
candidati e la necessaria informazione sulle loro idee. Progetto Originario
sapeva benissimo di partire svantaggiato. Non solo perché presentava come
candidata la sottoscritta, assai meno conosciuta di un Paterni che da anni
calca la scena volterrana, ma soprattutto perché si metteva a competere con il
candidato del Pd, quello che molti chiamano non a caso il “Partitone” ed i suoi
potenti mezzi. Il rischio tuttavia valeva l’impresa, almeno per noi. Mai come
in questo momento si respira insofferenza verso la politica autoreferenziale,
con le sue scelte “calate dall’alto”. Né si può certo dire che i partiti o i
movimenti politici siano largamente rappresentativi della società civile.
Perfino sotto elezioni si vedono assemblee di attivisti con numeri veramente
risicati a fronte di un corpo elettorale che a Volterra si aggira attorno a
8600 persone. Ben pochi, però, sembrano toccati da questo chiaro segno di
disaffezione dei cittadini verso la politica, quasi fosse una dato normale,
semplicemente da registrare. Sia chiaro che anche le primarie, specie se
vissute come una formalità o peggio come l'espropriazione di un diritto,
possono presentare parecchi difetti. Spesso, infatti, sono state usate come
strumento per “investire” il candidato già prescelto e non per farlo competere
con altri candidati, verificando quanto veramente suscitasse consenso nei
futuri elettori. Prova evidente è quanto
raccontato in questi giorni nelle pagine
dei quotidiani all'indomani delle
primarie del centro sinistra del 9 marzo, celebrate in alcuni comuni limitrofi
(ad esempio a Cecina ), dove vengono riferiti numerosi episodi poco edificanti.
A Volterra, alla fine è prevalsa nella coalizione la logica della semplice
sommatoria elettorale: se Rifondazione sta con il Pd (già dal 2009 in
coalizione con SEL e IDV), ci dovrebbero essere voti sufficienti per vincere a
man bassa contro Buselli; chi ce lo fa fare di rischiare? Chiuso il discorso.
Al di là delle più semplicistiche previsioni elettorali, che peraltro non solo
in me suscitano parecchi dubbi, questa a mio parere resta un’occasione mancata.
Non tanto perché confidassi nella possibilità di una sintesi programmatica
particolarmente avanzata, specialmente su alcuni temi bollenti come la sanità e
la difesa del territorio. Quanto perché avrei voluto vedere un segnale chiaro
di rinnovamento di mentalità, aspettandomi quell'apertura verso l'esterno che,
invece, quando siamo arrivati al dunque, per l'ennesima volta è mancata. Ecco
perché non condivido quanto scritto dalla neo-coalizione nello scorso numero de
La Spalletta, ovvero che ci sarebbe stata da parte nostra una mancanza di
fiducia verso i partiti. A mio avviso la fiducia non è qualcosa di innato. Si
nutre di comportamenti coerenti, di atteggiamenti di rispetto dell'altro e
segni tangibili di lealtà. Quando questi non si verificano, la fiducia non può
esserci.
Sonia Guarneri - Progetto
Originario
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