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martedì 27 marzo 2012

Caso Solvay, la ragione e la forza

Ha sicuramente sbagliato la Regione Toscana approvando prima e siglando poi il protocollo d'intesa sulle concessioni minerarie di Poppiano e Cecina, senza un'intesa preventiva col Comune di Volterra. L'Amministrazione Comunale per quanto possa aver commesso anch'essa degli errori, anche notevoli, nella conduzione della trattativa, mantiene per intero il diritto di rappresentare questo territorio e la sua popolazione. Escluderla da un'intesa che riguarda prioritariamente il suo ambito è un atto antidemocratico e sicuramente un gesto arrogante. Il protocollo proposto dalla Regione non poteva essere approvato dal Consiglio Comunale di Volterra, poiché riporta una serie di affermazioni talmente insincere da risultare provocatorie. Nell'art. 2, per esempio, si dà esplicitamente per scontata la sostenibilità ambientale dell'attività, quando questa è notoriamente oggetto di accese discussioni da lustri. Nello stesso art. 2, le amministrazioni pubbliche, dalla Regione ai Comuni, s'impegnano addirittura a “garantire le migliori condizioni per consolidare la “competitività e redditività” delle aziende private Solvay e Atisale. Non crediamo che gli enti pubblici possano guardare soltanto alla “competitività e redditività” delle aziende del loro territorio, anzi. Pensiamo che abbiano il dovere di tener conto obbligatoriamente anche delle loro ricadute in termini di: occupazione, ambiente, salute, nonché alle interazioni con le altre attività vicine economiche e non solo. Probabilmente anche gli enti pubblici che gravitavano intorno alla Eternit a Casale Monferrato o quelli vicini allo stabilimento Solvay di Spinetta Marengo (Ferrara), si limitarono a pensare soltanto a “competitività e redditività” delle loro fabbriche. Tralasciando tutti i problemi collegati all'inquinamento da amianto nel primo caso e da cromo esavalente nel secondo. Ma oggi si contano le vittime e le condanne in sede giudiziaria.  

Progetto Originario

martedì 12 luglio 2011

La linea d’ombra



Rieccoci. Puntuale come non mai è scoccata di nuovo l’ora dei tagli. Come succede ormai ritualmente da diversi anni, torna la fatidica scure a minacciare quel che resta dei servizi pubblici della Val di Cecina. La Val di Cecina, come sicuramente tante altre aree agricole o montane moderatamente popolate, ha cominciato a pagare prima di altre e a caro prezzo le conseguenze di un riassetto economico di cui non si vede la fine. Come già fu in passato il momento peggiore cade d’estate, quando la gente s’illude di potersi distrarre magari con una settimana o due di vacanza. Per gli smaliziati managers pubblici la distrazione degli elettori viene considerata un’opportunità, tanto che questa è da sempre la stagione delle chiusure più feroci, dei generi più disparati: scuole, reparti ospedalieri, linee di mezzi pubblici, uffici… Un servizio disponibile fino a primavera in autunno semplicemente non c’è più: è chiuso già da qualche mese ormai e, nel tran tran delle giornate di lavoro invernali, chi ha la forza di indignarsi se non gli sfortunati che hanno bisogno solo adesso di quella prestazione che fino a ieri c’era?  Pochi, anche perché di grane quotidiane ne abbiamo tutti fin troppe di questi tempi. Dunque, tanto vale lasciar perdere, sperando che prima che quel servizio cancellato torni utile proprio a me, qualcosa di nuovo accada. Ma è proprio questo il punto: da troppo tempo nessuna novità positiva viene a confortarci dall’esterno, e se non ci riscuotiamo per primi noi che viviamo in queste zone, non abbiamo alcun motivo per illuderci che qualcuno da fuori si interessi della nostra sorte per risollevarla. Certo, non è comunque facile. Sarebbe un gran successo se almeno le forze politiche locali fossero disposte a fare fronte comune contro i tagli, quando sono troppi, pesanti, ingiustificati e magari conditi da raggiri piuttosto biechi. Evidentemente si tratta di una prospettiva oggi impossibile. Di fronte al pesante scenario attuale, sarebbe tuttavia già molto se le forze politiche locali riuscissero almeno a mettere momentaneamente da parte i più accesi spiriti di competizione reciproca. Ma anche questo augurio suona decisamente utopico. Continua a prevalere, immutabile, lo spirito di fazione, che schiaccia tutto e per prima la verità. L’attualissimo taglio al reparto maternità ne è un esempio emblematico. Nel Consiglio Comunale che venti giorni fa affrontò la materia, i rappresentanti di tutte le forze politiche presenti – nessuna esclusa - si accordarono, durante una conferenza dei capigruppo, con il direttore generale della Asl 5, dr Damone, affinché venisse approntato urgentemente un Tavolo di confronto sulla sanità plurale e aperto. In quella sede venne espressamente rimarcata la necessità di includere tra gli argomenti di confronto da inserire nell’agenda del Tavolo anche e prioritariamente il reparto materno-infantile e il punto nascita volterrano, tanto che in questo preciso senso venne predisposta la delibera di Consiglio votata quella sera stessa all’unanimità.  Per trovare il più largo accordo, il gruppo di Progetto Originario ritirò la mozione che aveva precedentemente depositato, molto più esplicita nei riguardi della conservazione del servizio, e Uniti per Volterra fece altrettanto. Certo, il dr Damone si impegnò solo sulla parola, non essendo quella la sede per un suo impegno formale. Ma anche la parola per alcuni vale pur qualcosa. Per questo è risultata particolarmente spiacevole la sua dichiarazione inaugurale alla prima riunione del Tavolo con la quale ha smentito il suo precedente impegno, dichiarando che non avrebbe accettato di tornare in nessun modo sull’argomento punto nascita.  I gruppi consiliari, invece, presero un impegno formale, attraverso il loro voto in Consiglio, nei confronti degli elettori e dei loro colleghi consiglieri; se oggi per non urtare il direttore della Asl nominato dalla Regione sono disposti a rimangiarselo significa che in loro domina sopra ogni altra cosa lo spirito di fazione. Infatti, sentite al Tavolo le parole del dr Damone, io stesso chiesi ai capigruppo un momento di verifica per arrivare a scrivere un documento congiunto con cui richiamarlo fermamente al rispetto degli impegni assunti la sera del Consiglio. Purtroppo, dopo aver atteso una settimana, mi sono scontrato con l’esplicita indisponibilità di Cucini (Sinistra per Volterra) e Rosa Dello Sbarba (Città Aperta). Devo dire che non me lo aspettavo. Pensavo che, al di là dei diversi, conclamati punti di vista sul tema, almeno sul rispetto dei patti potessimo trovarci d’accordo. Non è stato così. Evidentemente quando la controparte (in questo caso la Asl 5) è un’emanazione di  un’Amministrazione considerata “amica” (nello specifico la Regione Toscana), in qualche modo si materializza una linea d’ombra ancora impossibile da superare. Una linea oltre la quale i locali rappresentanti degli attuali partiti non possono muovere critiche né sollevare obiezioni. Me ne dispiaccio. Perché proprio adesso, proprio qui a Volterra, ci sarebbe un gran bisogno di tornare a parlare civilmente tra le parti e prima di tutto di regole di comportamento: da riprecisare, fissare e difendere. Ma come è noto le regole possono dirsi tali soltanto se si è disposti ad applicarle a tutti. Anche agli “amici”, anche agli alleati politici. Altrimenti si cade nel penoso, ingiustificabile, furfantesco campo della doppia morale. 
Fabio Bernardini, Progetto Originario

Per amore dei numeri



Quelli che sono sempre pronti a fare carte false pur di magnificare il governo della Regione in questi ultimi tempi fanno finta di credere che la soppressione del reparto di ostetricia sia dovuta all'esiguità del numero dei parti registrati negli ultimi sei mesi. Si tratta di un pretesto patetico e palesemente falso perché il modello messo in atto in questi ultimi anni stabiliva il principio della rete tra gli operatori ginecologi di Pontedera e Volterra, consentendo di annoverare nel numero dei parti l'insieme eseguito nei due ospedali, i 1200 all'anno di Pontedera più i 70 di Volterra. Il modello della rete tra i due punti nascita fu già predisposto nel 2004 dal direttore generale, Cravedi, pur se osteggiato da alcuni medici ginecologi di Pontedera, che arrivarono a scrivere una lettera di protesta dai toni paleocorporativi alla Asl 5. Oggi molti fingono di non ricordare che il nostro sistema si è basato, con indubbi vantaggi, sulla rete tra presidi, perché in realtà i tagli previsti servono alla Asl 5 per perpetrare la proverbiale politica di ristrutturazione economica ai danni del presidio ospedaliero più periferico presente in provincia di Pisa; quello di Volterra appunto. L'eliminazione del punto nascita, infatti, viene obbligatoriamente accompagnata dalla soppressione del reparto aperto 24 ore su 24, che interromperà di colpo anche i ricoveri ginecologici di qualunque tipo. Del resto, come è stato spiegato in altri precedenti interventi, lo scopo vero della Asl 5 è tagliare ulteriormente le spese di personale e ciò può verificarsi principalmente sopprimendo i reparti aperti a ciclo continuo. In fondo si tratta del vecchio modello che il Comitato per la difesa dell'ospedale di Volterra aveva denunciato anni fa: ospedali come il nostro nelle intenzioni della Regione dovranno essere trasformati in un pronto soccorso accompagnato da qualche ambulatorio e al massimo da un repartuccio di bassa qualità di medicina generale destinato per lo più al ricovero di pazienti anziani: una struttura molto più economica, ma che non potrà certo dirsi un ospedale. I tagli erano previsti da anni, ma oggi nell'agenda politica regionale sono divenuti urgenti e inderogabili per il forte sbilanciamento dei conti registrato dalla sanità toscana. Infatti il bilancio 2009 ha fatto registrare una perdita complessiva delle Asl di 300 milioni di euro, in cui spicca il caso della Asl 1 di Massa Carrara dove è emerso improvvisamente un deficit di 220 milioni circa. All'inizio di una terribile stagione di tagli, costretti a fare i conti coi numeri, pensiamo che da qui occorra cominciare per fare chiarezza con la matematica. Finora la Regione Toscana vantava bilanci della sanità in pareggio, purtroppo fasulli. Il buco della Asl 1 di Massa pare sia andato allargandosi nell'arco di un decennio in cui i conti ufficiali sarebbero stati alterati ad arte. Il direttore generale della Asl 1, dr Scarafuggi, avrebbe gravi responsabilità così come il collegio dei revisori dei conti, assai inadeguato o compiacente; ma non bisogna mai dimenticare che in Italia è la classe politica, per mezzo degli assessori alla sanità o dei presidenti di Regione, che – purtroppo - nomina i managers sanitari. Quindi il presidente Rossi, per dieci anni assessore competente, non può chiamarsi fuori dalle responsabilità avendo nominato direttamente personale dirigenziale di propria fiducia. Si teme già per i prossimi bilanci 2010 e 2011 e c'è chi sussurra di altri casi analoghi a Massa che potrebbero verificarsi nella Asl 6 di Livorno e in quella di Pistoia. Intanto il “risanamento” è cominciato principalmente ai danni degli ospedali minori, quelli ricadenti in aree abitate da numeri abbastanza contenuti di elettori. La risposta prevedibile potrebbe risultare, però, ancora sbagliata se farà ricorso alla solita ricetta: aumento del dirigismo e maggior controllo politico sul sistema. Si ricordi che nell'arco del solo anno 2010, a fronte del totale blocco delle assunzioni del personale sanitario, in smaccata controtendenza i dirigenti vennero aumentati del 9% (dati Cisl). Concludiamo riportando le recenti considerazioni diramate dal “Circolo tematico Diritto alla Salute Rosa Parks”, di Massa Carrara, l'area messa particolarmente sotto torchio per il pesante buco nel bilancio della sua Asl: “Il servizio sanitario della nostra provincia sta conoscendo uno sconquasso che solamente eufemisticamente potremmo definire preoccupante: reparti e servizi che scompaiono da un giorno all'altro perché oggetto di semi accorpamenti, prestazioni ridotte con la creazione di disagi per il trasferimento di alcune funzioni ad altre Asl o Aziende ospedaliere (come ad esempio sta succedendo per dermatologia), operatori del settore costretti a fare i salti mortali per garantire livelli di efficacia ed efficienza degni di essere tali, interi reparti (ad esempio psichiatria) che hanno difficoltà ad attuare il programma terapeutico per scarsità di farmaci; intere popolazioni costrette a sobbarcarsi viaggi di oltre 50 chilometri per poter partorire; distretti socio-sanitari in sofferenza a causa della carenza di personale; accertamenti diagnostici e clinici caratterizzati da liste di attesa abnormi; senza parlare poi dei pronto soccorso intasati all'inverosimile, con tempi di attesa francamente inaccettabili... tutto questo mentre la Regione e il (nuovo) direttore generale (De Lauretis) continuano a sbandierare ai quattro venti che non ci sono disagi se non marginali e, per così dire, fisiologici per i cittadini. Mentre a fare le spese di una situazione paradossale e insostenibile sono soprattutto le fasce più deboli e disagiate.”.

Progetto Originario – Lista Civica