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sabato 30 agosto 2014

La restituzione del maltolto

Anche a Volterra sono cominciati ad arrivare da parte di ASA spa i primi rimborsi ai cittadini a cui è stato fatto pagare indebitamente il canone per la depurazione degli scarichi fognari. Il riassunto delle puntate precedenti è presto fatto. Le aziende italiane dell'acqua, compresa ASA, tra le varie furberie legalizzate hanno imposto a tappeto negli anni il pagamento del “canone di depurazione degli scarichi fognari”. Poiché moltissime zone d'Italia ancora oggi non dispongono realmente di un depuratore, alla maggior parte degli utenti veniva fatto pagare un servizio che in realtà non ricevevano. Possiamo tranquillamente parlare di “furto legalizzato”, perché la fattispecie era stata non a caso prevista dall'art. 14 dalla legge Galli (quella che nel 1994, all'epoca del governo Ciampi, introdusse per la prima volta la privatizzazione dei servizi idrici). Contro questo palese furto intervenne nel 2008 la Corte Costituzionale, che decretò “indebita” quella voce di spesa tutte le volte che il servizio di depurazione di fatto non venisse fornito, sentenziando l'obbligo della restituzione retroattiva. In teoria, quindi, fin dall'ottobre 2009 Asa avrebbe dovuto provvedere alla restituzione della tariffa non dovuta, ma come sappiamo le cose sono andate diversamente. L'azienda dell'acqua, con la complicità attiva dei principali partiti politici a partire dal PD, per tutti questi anni ha fatto orecchie da mercante. Secondo giustizia, trattandosi di un canone indebito, il diritto alla restituzione dovrebbe valere per tutti coloro che sono stati ingiustamente caricati della spesa ma, poiché siamo in Italia, in pratica, l'utente ne ha diritto solo se ne ha fatto specifica richiesta di restituzione. Chi tace invece resta becco e bastonato.
Per questo motivo nell'estate del 2012 Progetto Originario, naturalmente senza l'aiuto di alcun partito, promosse la richiesta della “remunerazione del capitale investito” ed assieme ad essa rilanciò tra i cittadini del Comune di Volterra la campagna per la richiesta dei rimborsi del canone di depurazione. Ricordiamo che non godono della effettiva depurazione degli scarichi tutti i volterrani residenti nel versante sud del capoluogo, oltre a quelli che abitano le frazioni e le campagne. In pratica la grande maggioranza degli utenti.
Sono passati altri due anni e finalmente, proprio in queste settimane, stanno arrivando i primi rimborsi, che variano in ragione dei consumi ma in genere ammontano ad alcune centinaia di euro. Poiché nell'insieme le cifre sono consistenti, alla scala dell'intero ambito territoriale si parla di milioni di euro, risulta che Asa abbia deciso di rimborsarne una parte direttamente e scalare la restante parte sulle bollette future.
Ribadiamo che vengono rimborsati soltanto coloro che hanno fatto richiesta di restituzione; chi finora non lo avesse fatto deve sbrigarsi: c'è tempo fino alla fine di settembre. Una copia del modulo per la richiesta è pubblicata all'interno del nostro blog (http://progettooriginario.blogspot.it/).

Progetto per Volterra

venerdì 28 marzo 2014

Il caro acqua

La Toscana anche per il 2013 si è confermata la regione dove l'acqua del rubinetto è più cara con una media di 498 euro a famiglia. Il Molise invece è la meno cara con 143 euro di media. La media nazionale è di 333 euro a famiglia, con un più 7,4% rispetto all'anno precedente. E' quanto emerge dal nuovo rapporto dell'Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, un documento diffuso alla vigilia del 22 marzo, giornata mondiale dell'acqua. La studio è stato realizzato su tutti i capoluoghi di provincia ed i dati sono riferiti ad una famiglia tipo di tre persone, con un consumo di 192 metri cubi all'anno. Le città più "care" d'Italia sono risultate Firenze, Pistoia e Prato con 542 euro all'anno di bollette. Isernia è il capoluogo in cui si spende meno: 120 euro di media.
In Italia, dunque, la liberalizzazione non ha finito di procurare danni, infatti il costo di questa risorsa indispensabile è salito del 43%, soltanto dal 2007 ad oggi.
Gli alti costi sono imputati ai guadagni garantiti che i soggetti privati continuano a realizzare nonostante l'esito del referendum del 2011 ma, secondo Cittadinanzattiva, anche a causa dei tanti sprechi. L'Italia perde dai tubi quantità enormi di risorsa, in media il 33% dell'acqua. Nel nostro ambito territoriale di riferimento (ATO 5 Toscana Costa), la media delle perdite sale addirittura al 39%. Su scala nazionale il costo che deriva dalla risorsa idrica "sprecata" è pari a 3,7 miliardi di euro ogni anno: più del valore di una manovra finanziaria. Per Cittadinanzattiva - che cita un'analisi di Legambiente - il "problema" è "particolarmente accentuato al sud (42%) e al centro (33%)", mentre va "meglio al nord che presenta percentuali di perdite al di sotto della media nazionale (27%)".
La privatizzazione non ha portato benefici neppure sotto il profilo tecnico, perché il documento ha messo in evidenza come la dispersione idrica sia "addirittura aumentata dal 2007 in ben 56 città". In 11 capoluoghi viene dispersa dai tubi colabrodo "oltre la metà dell'acqua immessa nelle tubature", da Aquila a Cosenza con il 68% di dispersione, da Latina (62%) a Gorizia (56%), da Pescara (55%) a Grosseto (54%).
Di fronte a questo disastro di risultati ad ogni persona di buon senso verrebbe da chiedersi: cosa si aspetta, allora, a ripubblicizzare la gestione? Non è stato fatto (e stravinto) un referendum apposta? Il problema principale è superare l'atteggiamento ostruzionistico di PD e Forza Italia, che su questo tema nonostante la apparenze marciano uniti.
Alla Camera dei deputati è stato depositato il 22 marzo un testo di legge aggiornato d'iniziativa popolare per la gestione pubblica delle acque, ma il rischio anche in questo caso è l'insabbiamento.
E' interessante notare l'ambiguità con cui si muovono i vertici del PD che governano la Regione Toscana. Il presidente Rossi, per evitare di normare i servizi idrici in Toscana secondo il dettato del referendum del 2011, ha dichiarato la sua incompetenza in materia. A smentirlo l'ultima decisione assunta dalla Regione Lazio, che il 17 marzo scorso ha approvato all’unanimità la proposta di legge popolare n. 31 per la gestione pubblica e partecipata del servizio. Evidentemente basta volere.


Progetto Originario