venerdì 28 marzo 2014

Il caro acqua

La Toscana anche per il 2013 si è confermata la regione dove l'acqua del rubinetto è più cara con una media di 498 euro a famiglia. Il Molise invece è la meno cara con 143 euro di media. La media nazionale è di 333 euro a famiglia, con un più 7,4% rispetto all'anno precedente. E' quanto emerge dal nuovo rapporto dell'Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, un documento diffuso alla vigilia del 22 marzo, giornata mondiale dell'acqua. La studio è stato realizzato su tutti i capoluoghi di provincia ed i dati sono riferiti ad una famiglia tipo di tre persone, con un consumo di 192 metri cubi all'anno. Le città più "care" d'Italia sono risultate Firenze, Pistoia e Prato con 542 euro all'anno di bollette. Isernia è il capoluogo in cui si spende meno: 120 euro di media.
In Italia, dunque, la liberalizzazione non ha finito di procurare danni, infatti il costo di questa risorsa indispensabile è salito del 43%, soltanto dal 2007 ad oggi.
Gli alti costi sono imputati ai guadagni garantiti che i soggetti privati continuano a realizzare nonostante l'esito del referendum del 2011 ma, secondo Cittadinanzattiva, anche a causa dei tanti sprechi. L'Italia perde dai tubi quantità enormi di risorsa, in media il 33% dell'acqua. Nel nostro ambito territoriale di riferimento (ATO 5 Toscana Costa), la media delle perdite sale addirittura al 39%. Su scala nazionale il costo che deriva dalla risorsa idrica "sprecata" è pari a 3,7 miliardi di euro ogni anno: più del valore di una manovra finanziaria. Per Cittadinanzattiva - che cita un'analisi di Legambiente - il "problema" è "particolarmente accentuato al sud (42%) e al centro (33%)", mentre va "meglio al nord che presenta percentuali di perdite al di sotto della media nazionale (27%)".
La privatizzazione non ha portato benefici neppure sotto il profilo tecnico, perché il documento ha messo in evidenza come la dispersione idrica sia "addirittura aumentata dal 2007 in ben 56 città". In 11 capoluoghi viene dispersa dai tubi colabrodo "oltre la metà dell'acqua immessa nelle tubature", da Aquila a Cosenza con il 68% di dispersione, da Latina (62%) a Gorizia (56%), da Pescara (55%) a Grosseto (54%).
Di fronte a questo disastro di risultati ad ogni persona di buon senso verrebbe da chiedersi: cosa si aspetta, allora, a ripubblicizzare la gestione? Non è stato fatto (e stravinto) un referendum apposta? Il problema principale è superare l'atteggiamento ostruzionistico di PD e Forza Italia, che su questo tema nonostante la apparenze marciano uniti.
Alla Camera dei deputati è stato depositato il 22 marzo un testo di legge aggiornato d'iniziativa popolare per la gestione pubblica delle acque, ma il rischio anche in questo caso è l'insabbiamento.
E' interessante notare l'ambiguità con cui si muovono i vertici del PD che governano la Regione Toscana. Il presidente Rossi, per evitare di normare i servizi idrici in Toscana secondo il dettato del referendum del 2011, ha dichiarato la sua incompetenza in materia. A smentirlo l'ultima decisione assunta dalla Regione Lazio, che il 17 marzo scorso ha approvato all’unanimità la proposta di legge popolare n. 31 per la gestione pubblica e partecipata del servizio. Evidentemente basta volere.


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