Nell'ultima
settimana abbiamo letto delle dimissioni presentate dal CdA del S.
Chiara e dal suo presidente Bacci, abbiamo letto le articolate
motivazioni che hanno spinto gli amministratori dopo due anni e mezzo
a compiere questo gesto fatidico, ma francamente ci resta il dubbio
che non si tratti di una cosa seria. Questa amministrazione comunale,
così sensibile ai riflettori, ci ha abituati ai teatrini recitati
sulla base dei copioni più scontati, per cui anche in mezzo a
situazioni drammatiche c'è sempre il rischio di trovarsi davanti
alle solite scenette da cabaret. Speriamo sinceramente che non sia
così, perché la grave situazione di bilancio della ASP S. Chiara
che vede il buco del debito allargarsi anno dopo anno e dove già i
sindaci revisori hanno lanciato chiarissimi segnali di allarme,
richiederebbe ben altri atteggiamenti.
A
nostro parere, il momento chiave vissuto da questo CdA fu il 20
febbraio 2012 , quando durante un partecipato Consiglio Comunale
venne discusso il piano di rilancio del S. Chiara messo a punto dai
consulenti della società Iris. In quell'occasione tutti i gruppi
consiliari di minoranza, facendosi interpreti dei dipendenti della
struttura e dei sindacati interni, espressero forti perplessità
sull’effettiva realizzabilità di quel piano e chiesero di
rivederlo per addivenire ad una soluzione condivisa e possibilmente
unanime. Buselli, col consenso scontato della consigliera Bassini,
spinse per andare avanti a testa bassa su una strada che già allora
a noi tutti sembrava portare in un vicolo cieco, e il presidente
Bacci non ebbe il coraggio di discostare la sua posizione da quella
del sindaco. Bacci, più accorto ed esperto di Buselli, durante quel
Consiglio capì l'errore che si stava consumando ai danni del S.
Chiara ma non ebbe la forza di mettersi in gioco e si imbarcò nel
percorso accidentato della privatizzazione dell'azienda sulla base di
un progetto irrealistico, contro il parere dei dipendenti e di mezzo
Consiglio Comunale.
In
quel momento il dado è stato tratto: se questo presidente e il CdA
dell'azienda hanno scommesso tutto su quel piano, è ovvio che
avrebbero dovuto sentire legate le loro sorti al successo o meno di
quel progetto. O meglio, sarebbe stato ovvio in un paese normale. Ma
qui, di questi tempi, quasi nessuno vuole più assumersi le proprie
responsabilità, per cui in seguito abbiamo assistito al naufragio
annunciato ma clamoroso di quel piano, senza che ad alcuno fosse
venuto il dubbio di doverne trarre le conseguenze.
Dunque,
per non assumersi alcuna responsabilità, qual è il trucco più
consumato? Dai, facciamo così: voi dite che date le dimissioni, ma –
mi raccomando – non usate l’aggettivo “irrevocabili”. Fatto?
Adesso, le respingo appellandomi al vostro senso del dovere, così ognuno rimane al proprio posto e tutto rimane come prima. E’ tutto chiaro? Bene, mi raccomando non
sbagliate: evitate la parola “irrevocabili”.
Ciak,
si gira!
Progetto
Originario
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