È sempre difficile intavolare una discussione sul merito delle
questioni. Più facile è invece che ogni
ragionamento venga spostato su un
terreno di scontro ideologico, con buona pace del confronto reale e concreto
sui vari temi. Lo stesso sta accadendo sulla modifica della nostra Carta
costituzionale voluta dal governo Letta-Alfano e sponsorizzata da Napolitano.
Con un ragionamento molto superficiale si insinua che chi vuole difendere la Costituzione sarebbe un
conservatore, mentre chi vuole rivederla vorrebbe passare da innovatore. Non è
proprio così. La Carta Costituzionale esprime valori e principi attuali che,
però, il nostro Parlamento non sta
affatto mettendo in atto, producendo viceversa leggi che violano sistematicamente
il dettato della nostra carta fondamentale. Come ha ricordato Rodotà nel suo
intervento in occasione della manifestazione del 12 ottobre scorso a Roma, è
grazie al nostro testo fondamentale se sono stati bloccate le iniziative del
Parlamento tese violare, fin dai giorni successivi, l’esito referendario
sull’acqua pubblica, oppure se ai lavoratori
(non solo quelli della Fiat) è stata restituita la libertà di scegliersi
il proprio sindacato e di organizzarsi collettivamente per contrattare la
propria condizione, oppure se gli insegnanti della scuola pubblica di Napoli,
messi fuori per problemi di vincoli economici, sono potuti tornare nelle scuole
ad insegnare. Non sono cose da poco perché quelle battaglie erano poste a
presidio della difesa dei beni comuni, della rappresentanza sindacale dei
lavoratori e del diritto all'istruzione. E’ grazie all'attuale impianto della
nostra carta fondamentale se la Corte Costituzionale ha potuto affermare che
quando i diritti fondamentali della persona entrano in conflitto con gli
interessi economici, sono i primi a dover prevalere sui secondi e non il
contrario. Fino a quando questo sarà ancora possibile? Chiunque può osservare
molteplici segni del rovesciamento in atto di questa scala di priorità. Quei
principi e quei valori, che secondo il ragionamento di chi si sente
“innovatore” devono essere sacrificati
sull’altare del mercato e della concorrenza, sono assolutamente attuali e
rappresentano la strada per superare le troppe ingiustizie sociali che si sono
determinate nel nostro paese, dove tutto oramai viene letto sotto forma di
vincoli economici e diktat della Bce. I cosiddetti “conservatori”, tanto
ignorati dai mass media e dalla politica, non stanno dicendo che la Carta
Costituzionale è intoccabile. Stanno denunciando il fatto che il Governo della
“larghe intese” abbia sferrato un colpo basso alla Costituzione, poiché ha
messo mano all'art.138 che stabilisce, attraverso un sistema di garanzie ben
ponderato, “come” si devono affrontare le procedure di modifica, imponendo un
metodo alternativo che accorcia i tempi e riduce la discussione, insomma
pensato appositamente per un colpo di mano. Quale può essere la ragione che ha
spinto a modificare le regole prestabilite, se non quella di affrettare le cose
e consegnare ai cittadini un “prodotto” già confezionato? Nessuno è contrario
aprioristicamente, per fare un esempio, a superare il bicameralismo perfetto,
ma ciò si può fare seguendo il percorso ordinario, senza andare a intaccare
l’articolo 138 e rispettando lo spirito di questo articolo che, come si legge
negli atti della Costituente, è quello di
evitare che una maggioranza improvvisata o temporanea possa modificare
un articolo a sua immagine e somiglianza, sfigurando l’intera architettura
della Costituzione e soprattutto di consentire una larga e cosciente
partecipazione dei cittadini in virtù del principio che trasparenza e
pluralismo sono le migliori misure di garanzia contro eventuali spinte
autoritarie. La Carta quindi può esser cambiata, ma secondo le regole che
impongono grande prudenza e un largo consenso. Come ha detto il giurista Alessandro
Pace, la Costituzione “è modificabile ma non derogabile”.
Credo proprio di riconoscermi nei tanto sbeffeggiati “conservatori” quando chiedono una cosa che invece appare
molto innovativa per l’Italia di oggi; ovvero
che il Parlamento rispetti le regole esistenti, e soprattutto che lavori per
attuarla questa benedetta Costituzione, predisponendo leggi ispirate ai
principi espressi in quelle pagine.
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