lunedì 18 febbraio 2013

S. Chiara, per i revisori “situazione insostenibile”


Parla di “situazione insostenibile” il parere espresso dai sindaci revisori sul bilancio previsionale 2013 della ASP S. Chiara. Sulla stessa relazione il collegio rincara la dose, allorquando “esprime grande preoccupazione per le previsioni del risultato economico fortemente negativo”. Le cifre che hanno allarmato i sindaci revisori sono quelle presentate dall'azienda per la previsione dell'anno 2013, che si attesterebbero su circa 562.000 euro di deficit.
Il rosso registrato nell'anno appena concluso, invece, si attesterebbe sui 260.000€, portando il livello del debito a 1,8 milioni di euro. Questa la situazione economica descritta nel bilancio di previsione che ha accompagnato il presidente del S. Chiara, Bacci, nella seduta del Consiglio Comunale dell'11 febbraio scorso. I sindaci revisori non potevano esprimere una bocciatura più netta. A questo quadro economico aggiungiamo che l’azienda si trova ancora al punto zero rispetto allo stato di attuazione del Piano strategico di sviluppo, approvato più di un anno fa dal CdA del S. Chiara e a seguire dal Consiglio Comunale col voto dello schieramento Buselli-Bassini. Secondo il cronoprogramma contenuto in quel Piano, oggi l'azienda avrebbe dovuto trovarsi a buon punto nel suo programma di riassetto complessivo. Avrebbe dovuto espletare la selezione di un partner privato, la costituzione di una Srl mista pubblico-privata, lo scorporo della gestione, il concorso di idee per la nuova RSA, la stesura del progetto per una nuova sede, la vendita del Chiarugi. Nella realtà nessuno di questi atti è stato realizzato. Ed è amaro constatarlo oggi, perché quando questo piano fu presentato in Consiglio un anno fa, dato che mostrò da subito numerose lacune e criticità, chiedemmo con le altre minoranze di poterlo emendare e rivedere, per raggiungere una stesura più convincente e condivisa. Tanto più che il piano in quella forma era stato respinto con decisione anche da tutte le forze sindacali. Alla nostra proposta di mediazione, la maggioranza Buselli-Bassini rispose picche. Non si poteva discutere nulla perché il piano, secondo loro, era ben congeniato così come era. Inoltre ci venne detto che non si potevano dedicare neppure poche settimane a migliorarlo, data la grave situazione dell'azienda che imponeva di agire con la massima urgenza. Logico che sia deprimente ritrovarsi un anno dopo a dover constatare che di quel piano non è eseguito nulla di nulla.
Di fronte ad una situazione così deficitaria sia sul piano economico che su quello delle strategie aziendali, il 6 febbraio attraverso i giornali, lo stesso presidente Bacci, a nome del CdA, aveva avanzato la disponibilità a dimettersi. Anche a nostro giudizio l’amministrazione del S. Chiara, a due anni dal suo insediamento, non ha corrisposto le attese. Di conseguenza, lunedì in Consiglio abbiamo chiesto che Presidente e CdA rimettessero il loro mandato, in modo tale da poter procedere con urgenza al rinnovo degli amministratori che operassero i necessari correttivi nella strategia aziendale. Oltre ai risultati strettamente economici, infatti, ciò che è mancato di più in questi due anni è stato l’avvio di un percorso credibile di ristrutturazione e di rilancio. Non a caso le previsioni di bilancio segnalano una situazione in rapido peggioramento.
La maggioranza, invece, ha deciso di proseguire su questa strada, confidando che il piano aziendale rappresenti la soluzione giusta, nonostante suoi ritardi e le contraddizioni aperte. A nostro avviso, invece, la strada intrapresa è molto pericolosa, perché basata unicamente su un pregiudizio maturato negli ultimi tre decenni e ripetutamente fallito. Ovvero che tutte attività, che quelle socio-sanitarie come in questo caso, possano essere demandate completamente al mercato. In omaggio a questo dogma, la gestione della casa di riposo dovrebbe passare dall’azienda pubblica S. Chiara ad una Società a responsabilità limitata a proprietà mista (srl). Come se, per incanto, l’arrivo di un socio privato nella gestione dell’azienda mutasse le condizioni oggettive in cui l’azienda opera. Intanto, secondo uno schema già visto più volte e che ha contribuito ad affossare il sistema Italia, i debiti rimarranno sulle spalle della parte pubblica. Purtroppo l’esito finale rischia di essere disastroso: la parte pubblica perderà un’attività sensibile, rivolta ad una parte vulnerabile della sua popolazione, mentre il futuro dei lavoratori coinvolti sarà senza dubbio più incerto, così come la qualità dei servizi resi domani agli utenti. La sola certezza è che i debiti e le prossime le perdite resteranno alla parte pubblica, andando quindi ad impoverire ulteriormente la comunità di Volterra.

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