lunedì 17 dicembre 2012

Diritti e rovesci

“Il diritto alla salute, pur restando uno dei valori più importanti della nostra società, oggi è seriamente minacciato non solo dai pesanti problemi finanziari, ma anche da un sistema i cui modelli culturali sanitari si stanno dimostrando inadeguati nei confronti dei cambiamenti profondi della società”. Questa è l'apertura del documento titolato “La riorganizzazione del sistema sanitario”, elaborato strategico sulla sanità allo studio della Regione Toscana nella versione preliminare del 25 ottobre 2012. Ad una prima, parziale visione ci sembra che ci sia seriamente da preoccuparsi. In sostanza, di fronte alle evidenti difficoltà economiche congiunturali e agli indubbi  costi del sistema sanitario, si pensa di rispondere con una riorganizzazione complessiva nel segno di quella già accennata negli ultimi anni, ma intensificata e accelerata all'ennesima potenza. Per contenere le spese si pensa a ridurre (ancora) il numero dei presidi sanitari ospedalieri, di ridurre i reparti, il loro livello di specializzazione, il loro orario di funzionalità, i posti letto, contenere il numero dei medici e in generale dei tecnici in servizio, nonché “disincentivare” ulteriormente l'accesso alle strutture sanitarie da parte dei pazienti.
Negli anni recenti, sulla scorta dei segnali che potevamo osservare nella nostra realtà locale, avevamo più volte sollevato serie preoccupazioni sul destino dei piccoli presidi territoriali. Molti non credevano alla realtà dei tagli in atto, pensavano si trattasse di riorganizzazioni fisiologiche, per così dire “a somma zero”, dove le eventuali limature di un servizio sarebbero state compensate dal potenziamento di altri settori. Oggi, il quadro è cambiato di gran lunga in peggio, e le nostre preoccupazioni sono rivolte necessariamente alla possibilità di preservare il diritto alla salute in generale. Non soltanto nelle aree più depresse e meno popolate del territorio. In un quadro di tagli alla spesa niente affatto intelligente ma il più possibile generalizzato, senza riguardi per i diritti fondamentali, vengono messe in discussione conquiste acquisite dopo decenni di lotte. Nessuno nega che le difficoltà di bilancio dello stato e degli enti pubblici siano reali, ma non si può accettare che questo giustifichi ingiustizie palesi come l'abbandono dei malati alla loro sorte o, per fare un esempio su un diverso versante, degli esodati.
Chiediamoci, invece, se ha funzionato la delocalizzazione del sistema sanitario dallo stato alle regioni nel complesso? Se non ha funzionato, come sembra di dedurre dal vertiginoso aumento della spesa complessiva e dai bilanci sanitari in profondo rosso in regioni importantissime (come Lazio, Sicilia, Campania, Puglia, etc.), facciamo un passo indietro in questo senso. Magari si potrebbe pensare anche di tagliare le retribuzioni di alcuni professionisti, forse meritate ma francamente molto alte rispetto ad altri settori. Oppure riduciamo il numero davvero insensato dei dirigenti e dirigentelli esploso vertiginosamente in questi anni nelle Asl, spesso all'ombra di clientele politiche e/o massoniche e/o confessionali. Talvolta perfino sindacali. Si dirà: non basterebbero simili tagli a sanare la situazione attuale. Forse, ma da qui bisogna cominciare per risultare credibili. Inoltre molto potrebbe essere fatto per il contenimento dalla spesa sul versante farmacologico, sapendo scegliere il farmaco meno costoso a parità di principio attivo, ma anche riducendo l'abuso di prescrizioni e inutili vaccinazioni a tappeto. Interventi di questo tenore avrebbero importanti ricadute sui conti pubblici ma anche sul morale dei cittadini, perché servirebbero a ridare un minimo di credibilità ad un sistema che oggi genera solo sfiducia. Come si può, infatti, conservare fiducia in un apparato che ha deciso di far pagare i farmaci salvavita a chi ha già subito un infarto o un cancro? In Italia oggi succede anche questo. Si pensi che soltanto due settimane fa questo paese, la cui Costituzione all'art. 32 dichiara la salute ”diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività”, ha costretto i malati di SLA a manifestare davanti al Ministero dell'Economia per i tagli mortali che sono stati inflitti dal governo ai loro danni.
Tagliare i diritti fondamentali degli individui non può essere la strada giusta. Così facendo si gettano alle ortiche le principali conquiste di civiltà della seconda metà del '900 e si accumula nell'animo delle persone una riserva di malessere che finirà per esplodere.

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