martedì 19 luglio 2011

Acqua bene pubblico?

Sulla scia dell'ottimo risultato conseguito dalla tornata referendaria riteniamo utile mantenere viva l’attenzione sugli scenari apertisi, perché l'esperienza insegna che  talvolta lo spirito col quale sono stati proposti i quesiti referendari può essere travisato dalle leggi successive. Come è noto i referendum abrogativi per loro natura lasciano un vuoto legislativo che dovrà essere colmato dal Parlamento. Per questo la fase successiva, quella in cui la classe politica si dispone a riempire quel vuoto, è particolarmente delicata, tanto da meritare la stretta vigilanza da parte della pubblica opinione. E’ evidente che gli elettori non sono soddisfatti della gestione di alcuni servizi essenziali, come ad esempio il servizio idrico, per come sono stati portati avanti negli ultimi anni. La progressiva privatizzazione e la conseguente introduzione di criteri di mercato, infatti, nel caso dei servizi essenziali non si sposa né con l’aumento di efficienza né col contenimento delle tariffe. Anche nella nostra zona i 10 anni di gestione Asa hanno pienamente dimostrato questo assioma: prezzi aumentati dal 40 al 63 % sia per la fornitura d’acqua che per i servizi di fognatura e depurazione (spesso ancora assente), accompagnati da investimenti irrilevanti e specialmente sulle reti (ormai tanto malridotte da perdere circa il 40% della risorsa). Dunque il sistema non funziona nel suo impianto e sulla spinta della volontà popolare espressa dai referendum va radicalmente cambiato. Per questi motivi il gruppo consiliare di Progetto Originario ha discusso di buon grado l’ordine del giorno portato da Sinistra per Volterra all’ultimo Consiglio Comunale che, sulla scorta di una bozza di mozione già diffusa in molte altre amministrazioni, proponeva come tema di discussione la “ripubblicizzazione dell’acqua”. Il nostro gruppo ha condiviso lo spirito della proposta tesa all’affermazione del principio che vede l’acqua un elemento essenziale da annoverarsi tra i beni comuni, ma per renderla operativamente più efficace ha proposto tre emendamenti, due dei quali sono stati accolti. Il primo degli emendamenti accettati chiede all’Amministrazione di “agire presso la Regione affinchè valuti la definizione degli Ambiti Territoriali Ottimali con i criteri ispirati alle unità fisiche-naturali, dato che l’acqua è un bene naturale, anziché ispirate a criteri meramente amministrativi”. Questo enunciato intende ricondurre la Regione a ragionare sui beni naturali in termini ambientali e territoriali e quindi pensare che gli ambiti territoriali ottimali per l’acqua non possono che essere i bacini idrografici. Mentre le unità amministrative (Comuni, Province, Regioni) che finora hanno fornito la base per disegnare gli Ambiti Territoriali Ottimali traggono origine da ragioni storiche e politiche che hanno ben poco da spartire con una gestione razionale ed efficace dei beni naturali. Un principio di ragionevolezza scientifica introdotto e sancito anche dalla L. 183/89.
Il secondo emendamento che il gruppo di Progetto Originario ha introdotto nel documento approvato impegna l’Amministrazione Comunale “a sviluppare nei confronti del Governo e della Regione Toscana un'azione tesa a riformare il sistema di gestione del servizio idrico, superando il modello attuale di gestione che, mediante l’affidamento a soggetto giuridico privato nella forma di s.p.a. assieme alla coesistenza tra enti pubblici e soggetti privati,  ha sancito la pericolosa dicotomia proprietà-gestione, provocando una serie di problemi inerenti la regolazione, i controlli e dunque l’efficienza del servizio”. Con questo impegno si intende rilanciare il principo espresso dal primo referendum sull’acqua (scheda rosa), che ha abrogato l’art. 23bis della legge 133/’08 che obbligava a concedere la gestione del servizio idrico ad aziende private individuate mediante gara pubblica oppure a società a capitale misto pubblico-privato nelle quali i privati detenessero almeno il 40% delle quote. A nostro avviso lo spirito del voto in questo caso richiede che venga restituita dignità ai soggetti pubblici e in particolare ai piccoli Comuni che negli anni recenti sono stati di fatto progressivamente privati delle loro competenze anche in contrasto con alcuni principi costituzionali (art. 5 e 118). Il modello che dunque dovrà scaturire dalle nuove normative dovrà prevedere che la gestione dei servizi essenziali, quale quello idrico, possa tornare ai Comuni, proprietari delle infrastrutture (le reti idriche), per sottrarlo a logiche esclusivamente mercantili e speculative.
Al termine della discussione il documento sulla ripubblicizzazione dell’acqua è stato approvato dal Consiglio Comunale all’unanimità.


Il Gruppo Consiliare di Progetto Originario

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