sabato 29 ottobre 2016

Referendum sulla Costituzione: perchè NO




Solo pochi mesi dopo il silenzio imposto dall’alto sul referendum sulle trivelle così da far mancare il quorum, ci ritroviamo nel mezzo di un clamoroso trambusto mediatico per il referendum costituzionale su cui Renzi ha deciso di giocarsi una bella fetta dei suoi destini politici. Infatti, si vede bene che il presidente del consiglio per vincere è disposto a tutto. A cominciare dal palese abuso delle posizioni di governo. A cominciare dagli spazi sulla TV pubblica. Gli ultimi dati pubblicati riguardo ai TG riferivano, infatti, del 78% del tempo dedicato alle ragioni del Sì contro soltanto il 22% concesso ai sostenitori del No. Poi l’AGICOM ha interrotto la pubblicazione dei dati sul pluralismo dell’informazione nelle TV di Stato, come denunciato dal presidente della commissione di vigilanza sulla RAI, Fico. Non stupisce che molti dei rappresentanti del PD che si scagliavano a gran voce contro gli abusi propagandistici dei governi Berlusconi sui canali RAI, adesso siamo artefici e sostenitori di comportamenti identici e perfino peggiori, come dimostra il siluramento annunciato per fine stagione di una delle poche giornaliste RAI davvero coraggiose, Milena Gabanelli di Report. Del resto, anche l’iter parlamentare imposto alla “riforma” costituzionale è stato illuminante, costellato da voti di fiducia, ricatti e forzature regolamentari per imporre a tutto il parlamento una lunga serie di modifiche costituzionali decise solo da una parte. La politica italiana è talmente scaduta, che scorrettezza e incoerenza sono il (cattivo) pane quotidiano che ci viene propinato a secchiate, senza tanti complimenti. Pochi ci fanno ancora caso. Ma basta spegnere un attimo la TV e riflettere sul testo delle modifiche, per comprendere dove la nuova costituzione, imposta al Parlamento dal governo Renzi, andrà a parare. La sostanza della posta in gioco del prossimo referendum costituzionale non è certo la forma pasticciata che assumerà il nuovo Senato: quella è solo l’esca escogitata per far ingolosire gli elettori più sprovveduti. Il punto nodale è invece l’abbandono sostanziale degli equilibri mantenuti dalla costituzione vigente e l’inaugurazione di un sistema a democrazia dimezzata. A nostro avviso, il principale problema della nostra costituzione è la sua mancata applicazione circa numerosi aspetti, a favore di una prassi imposta dai vertici dei partiti sempre più accentratori e refrattari a sottoporsi al controllo. Il sistema progettato dalle modifiche costituzionali del duo Renzi-Boschi sposterà ancora più (e in modo difficilmente reversibile) le redini del potere dal parlamento (organo dove tutte le componenti della società sono rappresentate) all’esecutivo e sulle segreterie dei partiti, che riservandosi, grazie all’Italicum (versione renziana del Porcellum), il potere di nomina dei futuri candidati alla camera e senatori, potranno controllare strettamente i parlamentari. Non a caso si sono schierati per il No tutti i i più autorevoli costituzionalisti italiani, da Gustavo Zagrebelsky a Valerio Onida, passando per Lorenza Carlassare.Di fatto, salterà l’equilibrio tra governo e parlamento, e il criterio del bilanciamento dei poteri, tanto caro ai costituzionalisti del dopoguerra che bene o male ha garantito per circa un sessantennio uno sviluppo abbastanza equilibrato, una sanità e una scuola per tutti e un bagaglio di diritti fino ad allora sconosciuti agli italiani. Vale la pena di richiamare il documento di analisi redatto dalla potente agenzia finanziaria Jp Morgan nel 2013,  in cui si affermava che le costituzioni di alcuni paesi dell’Europa mediterranea dovevano essere cambiate con urgenza, a partire da quella italiana. Per le ragioni che queste tendono a tutelare i diritti dei lavoratori e garantiscono la licenza di protestare e dove si dichiara apertamente che: “le Costituzioni nate dalla vittoria sul nazi-fascismo consegnano eccessivo potere ai parlamenti rispetto agli esecutivi ed eccessivo potere agli enti locali rispetto ai governi centrali”. Troppa democrazia, dunque, fa male alla finanza, che non riesce a spremere quanto potrebbe da alcune nazioni europee. Ed ecco arrivata a tappe forzate la riforma costituzionale scritta ad hoc e imposta al parlamento dal giovane segretario del PD e capo del governo, con una spruzzata di populismo per farla digerire agli elettori e tutti gli ingredienti richiesti da oltre oceano. Con la benedizione dell’ambasciatore John Phillips e di Marchionne.  
                                                                                                                               Progetto per Volterra



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