E’
capitato a tutti di vedere attraversare sulle strisce pedonali; il
pedone guarda con circospezione, calcola la distanza delle macchine
in arrivo, la loro velocità, poi prudentemente affronta passaggio e,
se un auto rallenta e si ferma per lasciarlo passare, sorride
stupefatto ringraziando, quando con la mano, quando con un cenno del
capo, quando con la voce, quando con tutto questo insieme…
Volterra
vive in questi giorni uno dei momenti più difficili dal dopoguerra a
questa parte. I crolli hanno devastato oltre che i monumenti e le
strade anche il cuore di una città che sa di esserci da sempre e che
forse ha immaginato di esserci per sempre, inamovibile, quasi
inattaccabile. L’aver visto sgretolare due luoghi simbolo ha
incrinato un po' del nostro antico orgoglio. Perché la certezza di
vivere in un luogo storico straordinario, unico al mondo, si
accompagna alla responsabilità di averne cura, per tramandarlo ai
posteri così come noi lo abbiamo ricevuto dalle generazioni passate.
Ma ogni volta che crolla un pezzo del patrimonio storico e culturale
di questo paese, la responsabilità ricade sulla disattenzione di
chi vive in quei luoghi e anche su molte altre teste.
Siamo
lieti della sensibilità che molti soggetti istituzionali hanno
dimostrato per il patrimonio storico culturale di Volterra e ci
uniamo ai rallegramenti per i finanziamenti mobilitati per restaurare
le mura crollate.
Vale
la pena però soffermarsi sul dato che, di fronte al dramma, non
sembra più ovvio che tutti si debbano mobilitare: lo Stato, la
Regione e via a scendere fino all'amministrazione comunale, che tutti
si debbano far carico di un simile problema… Forse questa è una
conseguenza del leaderismo, dell'accentramento dei poteri da cui
discende il rafforzamento delle scelte dei singoli, sostituitosi
progressivamente alla necessità e al diritto. Di conseguenza
all’orgoglio e alle certezze si preferisce una triste
captatio benevolentiae,
una gara su chi abbia catturato per primo l’occhio benevolo del
potente di turno, che sia il Presidente della Regione o un Ministro o
il Presidente della Provincia, per poi accreditarsi come l’artefice
di quello che in uno stato di diritto dovrebbe essere l’ovvio. E
così all’arrivo, o previsto arrivo, dei finanziamenti ecco lo
sbocciare di primogeniture, in cui molti hanno alzato la mano,
ammiccando o facendo capire che tutto questo è solo grazie a loro,
grazie alle loro appartenenze, aderenze, alla loro capacità di
questuare. Molto più utile questo anziché affermare che i
finanziamenti per simili casi sono un sacrosanto diritto, perché
vengono dalle tasse che paghiamo, perché questa è la loro più
naturale destinazione. Quel che è peggio la si butta immediatamente
sul piano personale, incensando gli uomini - singolarmente - come se
Rossi o il ministro Francheschini si fossero frugati nelle proprie
tasche per trovare quanto serve. Per carità, non vogliamo
scandalizzare nessuno e ci uniamo diligentemente anche noi al coro
dei ringraziamenti, perché il momento è critico e abbiamo bisogno
di tutto. Dunque si ringrazia, come fa il pedone per il
riconoscimento di un proprio diritto, si ringrazia e ci si meraviglia
per la benevolenza che le istituzione stanno dimostrando per i crolli
delle mura. E per quella sensibilità che forse un giorno ci
dimostreranno anche per le frane che hanno interrotto da settimane la
SP 15.
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