sabato 8 marzo 2014

Andarsele a cercare




Via Battisti, l'ennesimo dissesto
Questo è un anno particolarmente difficile dal punto di vista della gestione del territorio, non c’è dubbio. E’ caduta molta pioggia e di conseguenza abbiamo avuto allagamenti in pianura e frane in collina. Una parte di queste conseguenze sarebbe stata in ogni caso inevitabile, perché il territorio da controllare è esteso, i denari destinati alla sua cura sono pochi e comunque certi fenomeni rientrano nel processo evolutivo naturale di un luogo con determinate caratteristiche. Va detto, però, che abbiamo dimenticato da anni la cultura della manutenzione del territorio e fatalmente stiamo perdendo quel bagaglio di competenze indispensabili per occuparcene anche quando intendiamo farlo. Per secoli la regimazione delle acque superficiali è stata curata con scrupolo fin nei dettagli, perché le disastrose conseguenze di ogni negligenza in tal senso erano ben note alle civiltà rurali. Anche la piante, da sempre, sono state utilizzate a protezione di certi ambienti. Oggi, purtroppo è andata dimenticata buona parte di quella sapienza un tempo largamente diffusa. Può capitare, infatti, che si abbattano completamente le piante inserite a presidio della stabilità delle scarpate, proprio durante un periodo intensamente piovoso, senza valutarne le conseguenze. E’ il caso del tratto di pendio compreso tra via Cesare Battisti e La Stazione, quasi all’altezza della “Fabbrica del gesso”. Immagino che la scarpata in origine fosse stata piantumata appositamente con alberi di acacia a difesa della sua stabilità, come succedeva spesso fino agli anni ’70. L’acacia, infatti, consolida i terreni ed è molto spartana nelle proprie esigenze; per contro ha il difetto di essere infestante. Un paio di settimane fa, passeggiando lungo da via Battisti, notai che tutte le piante, grandi e piccole, erano state tagliate alla radice lungo l’intera scarpata. Non è un caso, se pochi giorni dopo, sulla strada è comparso un profondo avvallamento accompagnato da lunghe crepe sull’asfalto. Segni inequivocabili di un fenomeno di instabilità in atto. Personalmente non ho mai pensato che le piante non debbano essere toccate, ma tra sfoltirle ed eliminarle completamente esistono diverse possibilità intermedie. Chi ha compiuto questa drastica scelta probabilmente ha pensato che bastasse non sradicarle per mantenere intatta la loro funzione protettrice. Ma non è così. Basti pensare a molte delle frane avvenute recentemente qui intorno per rendersene conto. E’ utile anche la parte aerea di alberi e arbusti, che funge da schermo contro l’effetto erosivo diretto della pioggia battente. Soprattutto va ricordata l’azione consolidante che le piante svolgono eliminando l'acqua dal terreno attraverso l’evapotraspirazione.
Aver fatto tabula rasa delle acacie qualche settimana fa ha significato esporre direttamente la scarpata alla pioggia e soprattutto interrompere quasi del tutto il drenaggio naturale prodotto dalla vegetazione.
Non è la prima volta che capita, quindi, per favore, chi ha ordinato di eseguire un simile taglio la prossima volta faccia almeno tesoro di quest'ultima esperienza. 



     Fabio Bernardini, Progetto Originario

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