lunedì 11 febbraio 2013

Rimborsi acqua in bolletta: non ci sono più scuse

Dopo un referendum e una sentenza della Corte Costituzionale, perfino il Consiglio di Stato ha ribadito ciò che i Comitati per la difesa dell’acqua pubblica chiedono da mesi: ai cittadini devono essere restituiti gli importi pagati in bolletta dal luglio 2011 ad oggi per l’ingiusta pretesa della quota di remunerazione del capitale investito. Voce di spesa spazzata via dal referendum del 2011.
L'Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas (AEEG), incaricata di formulare la nuova tariffa per l’acqua all'indomani del Referendum, pur di trovare una scappatoia aveva chiesto in proposito anche il parere del Consiglio di Stato. I giudici di Palazzo Spada hanno risposto confermando quanto già precedentemente affermato dalla Corte Costituzionale: dal 21 luglio 2011, data di proclamazione della vittoria referendaria, la remunerazione del capitale investito doveva cessare di essere calcolata in bolletta. Peccato che gli enti gestori come Asa e Publiacque, forti della copertura politica dei principali partiti, hanno continuato a fare orecchie da mercante.
Tutti i pronunciamenti sono stati concordi: quello che i cittadini hanno pagato finora è illegittimo. I soggetti gestori non hanno più alibi, devono restituire ciò che hanno illegittimamente percepito e ricalibrare le bollette al ribasso. Il Forum Italiano dei movimenti per l'acqua lo ripete da oltre un anno, intervenendo con la campagna di “obbedienza civile”. Noi di PO ci siamo fatti promotori della campagna nel nostro Comune, raccogliendo centinaia di richieste di rimborso che abbiamo puntualmente girato ad Asa. In molte province d'Italia tantissimi cittadini e spesso coordinati da movimenti hanno fatto la stessa richiesta, anzi, i più coraggiosi si sono autoridotti le proprie bollette per contrastare la violazione dell’esito della consultazione popolare.
Il parere del Consiglio di Stato, pubblicato il 25 gennaio scorso, rafforza l'obbligo di rispettare il referendum del 2011 e delegittima le scelte che hanno guidato l'AEEG nella formulazione della nuova tariffa, emessa un mese fa, in cui “la remunerazione del capitale investito” viene reintrodotta sotto mentite spoglie, cambiandogli semplicemente nome. Assistiamo al tentativo di riproporre la solita ricetta truffaldina della peggiore politica politicante. Nel 1993 la volontà popolare emersa dai referendum decretò l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti con una maggioranza di più del 90% dei votanti. I grandi partiti dettero un calcio al risultato del referendum, cambiando nome al finanziamento che da allora è stato ribattezzato “rimborso elettorale”. Il medesimo trucco fu impiegato anche per aggirare il referendum per l'abolizione del Ministero dell'Agricoltura e Foreste, che nel 1993 ricevette il 76% dei consensi. Il Ministero dell'Agricoltura divenne il “Ministero delle Risorse Agricole” e così rinominato è rimasto al suo posto.
Riproponendo simili imbarazzanti tentativi, oggi, i gestori dell’acqua cercano di sottrarsi all’applicazione della legge, contrastati finora dai promotori dei referendum del 2011 e dalle sentenze della Corte Costituzionale e del Consiglio di Stato. Ancora più imbarazzante appare il silenzio complice di tanta parte della politica e, al suo rimorchio, di molte amministrazioni pubbliche, tra le quali figura tristemente anche il Comune di Volterra.
Del resto, simili comportamenti sono la causa prima dell'enorme sfiducia che tanti cittadini nutrono verso i partiti e perfino verso la politica in generale. La sfiducia, però, non deve portare ad una resa, perché il distacco e il disinteresse corroborano questo sistema non lo contrastano. Per cambiare le cose non c'è altra strada che battere e ribattere incessantemente le proprie ragioni. C'è stato un referendum? L'esito finale è stato chiaro? Allora, se l'Italia è un Paese democratico, l'acqua deve tornare ad essere un bene comune pubblico e quindi sottratto alla logica del profitto.
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