lunedì 10 settembre 2012

S. Chiara: un rilancio senza gambe

Il 20 febbraio 2012 in un infuocato Consiglio Comunale discutemmo il piano di rilancio per il S. Chiara messo a punto dal Cda dell’azienda con la consulenza della società Iris. Tutti i gruppi consiliari di minoranza (Popolo per Volterra escluso), i dipendenti della struttura e  i sindacati al completo espressero forti perplessità sull’effettiva realizzabilità di quel piano e sui tempi di esecuzione ipotizzati che erano obiettivamente improbabili. Buselli, come vuole il suo stile politico, decise per l’approvazione senza modifiche a colpi di maggioranza con l’ausilio scontato della consigliera Bassini. Per il sindaco occorreva agire in fretta: non c’era tempo per farsi troppe domande su percorsi e concretezza del piano. Nelle sue intenzioni il Consiglio Comunale veniva chiamato solo a ratificare un percorso di trasformazione radicale dell’azienda e un piano di investimenti da capogiro già deciso altrove. Non certo a discuterli.
Il piano doveva prevedere un percorso che prenda avvio con l’affidamento della gestione ad un nuovo soggetto societario pubblico–privato, dove il partner privato doveva essere selezionato con gara entro 120 giorni dall’approvazione in Consiglio. Entro i successivi 60 giorni, avrebbe dovuto vedere la luce la società mista pubblico-privata, pronta ad operare nel giro di altri due mesi. Messa in piedi la società mista, si sarebbe dovuto dare il via alla progettazione di una nuova struttura nell’area ex Chiarugi (dal costo di “soli” 5 milioni e mezzo di euro) e contemporaneamente alla vendita di parte delle cubature dell'ex reparto dello psichiatrico. Secondo un cronoprogramma che prevede l'ultimazione di tutte queste fasi entro dicembre 2012.
Ogni persona di buon senso poteva capire che un simile piano aveva sottovalutato le difficoltà di tali operazioni. Peggio, in tempi come questi risultava costosissimo e privo di una seria valutazione del contesto di riferimento. Infatti, in Consiglio formulammo una serie di domande che non trovarono risposta.  Su cosa dovrebbe reggersi l’azienda di servizi alla persona S. Chiara che oggi incentra la sua maggiore attività sui ricoveri, in un contesto nel quale viene privilegiata (e dunque finanziata) la permanenza dell’anziano nella propria abitazione? Come si può prescindere dagli indirizzi  privilegiati dalla Asl 5 (cliente indispensabile per il S. Chiara)? Inoltre, quali nuovi servizi potrebbero essere attivati, risultando in sintonia con l'attività dell'azienda e utili per il territorio su cui opera l’Asl5? Domande senza risposta, ma capitali. Non basta: alla fine quel piano non ci dice quanti posti letto occorrono sulla base alla domanda, quali nuovi servizi si possono attivare, perché ce n’è bisogno e perché dovrebbe risultare sufficiente margine di guadagno? Nulla di tutto questo, se non un generico riferimento alla Rasd, privo peraltro di un quadro economico realistico che  garantisca la convenienza dell'attivazione.
Parve chiaro che si procedesse sulla base di mera immaginazione, sognando nuove e più moderne strutture senza ben sapere con quali soldi costruirle. Illudendosi che una gestione attraverso società a capitale misto pubblico-privato avrebbe miracolosamente portano in pari i conti, saltando a piè pari il confronto con i problemi strutturali.
Nonostante pesassero su quel piano questi dubbi, CdA del S. Chiara e Buselli decisero di procedere a testa bassa. Risultato: dopo pochissimi mesi il cronoprogramma è già abbondantemente saltato, ma quel che è peggio è che non si intravedono all’orizzonte neppure le tracce di un inizio di quel percorso di risanamento che si dava per certo e a portata di mano. Si assiste semmai alla preoccupante apertura di nuove strutture nei paesi limitrofi, che inevitabilmente andranno a soddisfare la richiesta di servizi alla persona riducendo inesorabilmente gli spazi di manovra indispensabili al salvataggio della nostra Asp.
Tutto ciò in un clima di surreale indifferenza da parte del Comune e della CdA del S. Chiara, tanto che viene da chiedersi se avessero creduto veramente nel progetto che ci sottoposero e che votarono o se, senza neppure essere partiti, avessero di fatto già rinunciato a metterlo in pratica sul serio. Intanto il tempo passa, il debito cresce e non si possono dormire sonni tranquilli. Il nostro augurio è che non si proceda vivacchiando, lasciando degenerare il problema, per farlo semmai esplodere dopo le elezioni 2014. Quando i margini di intervento potrebbero essere esauriti.
Progetto Originario

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