martedì 27 marzo 2012

Solvay: Il pane e le rose

Accettare o peggio fomentare la contrapposizione tra diritti dei lavoratori Solvay e diritti dei cittadini residenti a Saline è un grave atto di irresponsabilità, specialmente se compiuto da parte dei rappresentanti delle istituzioni. Oggi, in piena crisi economica internazionale, è molto facile soffiare sul fuoco della paura e dell'incertezza economica, ma nel nostro caso l'uso strumentale del ricatto occupazionale è fin troppo evidente. Questa circostanza va denunciata. Probabilmente il Comune di Volterra ha sbagliato nel bloccare il cantiere dei Boschini senza aver prima tentato di aprire un dialogo con l'azienda sul problema delle subsidenze e sul loro controllo. Quel blocco ha immediatamente innescato un aspro contenzioso, anche in termini legali, deteriorando i rapporti tra le parti e forse allontanando lo spazio per un'intesa. Per contro, il ricorso alla cassa integrazione da parte della Società Solvay, annunciato alla vigilia delle trattative in Regione, si configura come un evidente gesto di indebita pressione politica. Come tale è dovere della politica e delle istituzioni condannarlo. Sappiamo benissimo, infatti, che l'attività Solvay non dipende dal cantiere dei Boschini e neppure dalle concessioni minerarie che un tempo furono della Salina di Stato. La società belga è titolare di altre concessioni minerarie, in particolare di quella di Buriano, ancora ricche di salgemma, tanto da poter alimentare la fabbrica di Rosignano per alcuni decenni. Fino al giorno del contratto Monopoli-Solvay, la multinazionale non poteva neppure immaginare che avrebbe infine controllato anche le concessioni statali. Eppure la sua presenza sul territorio non veniva messa minimamente in discussione e meno che mai da una presunta carenza di salgemma. Difatti, Solvay ha continuato ad investire su Rosignano con continuità (pontile di Vada, parco industriale, prima centrale turbogas, seconda centrale turbogas, rigassificatore a metano...), magari ridimensionando nel contempo i posti di lavoro, come accade attualmente in tutta la grande industria.
La Germania dovrebbe insegnarci che la difesa del lavoro in Europa passa attraverso una continua ricerca della qualità, perché è chiaro che nella corsa al ribasso (già purtroppo avviata) non possiamo che rimetterci tutti. Tra i primi, gli stessi lavoratori. Un simile quadro di riferimento dovrebbe averlo chiaro prima di tutto la classe politica. Non possiamo attenderci che simili impulsi sorgano spontaneamente dalle imprese. Non da tutte, almeno. Per questo appare alquanto deludente una Regione che propone un protocollo come quello recentemente approvato a Firenze, concepito per aggirare i problemi anziché per risolverli. Appare molto probabile che qualsiasi espediente posticcio (come questo cosiddetto “protocollo ponte”) sia destinato ben presto a mostrare tutta la sua inconsistenza. Per questo assieme a Sinistra per Volterra avevamo proposto all'approvazione del Consiglio un documento che, impegnando l'Amministrazione di Volterra a fermare il progetto di Puretta, rendesse pienamente efficaci le sentenze del TAR e del Consiglio di Stato. In modo tale da “obbligare” tutte le amministrazioni a tornare ad un tavolo, per riscrivere con maggior serietà le prescrizioni al progetto di sfruttamento delle concessioni minerarie ex Monopoli di Stato. Gli altri gruppi non hanno voluto accogliere la nostra proposta, senza fornire alternative alla linea della Regione. Quindi, deliberando il no di Volterra al protocollo regionale, è stata presa una posizione giusta, ma dal valore sostanzialmente simbolico. Infatti, questa deliberazione non produrrà alcun beneficio concreto, perché oggi la strada per ridiscutere i criteri di sfruttamento delle risorse naturali della Val di Cecina passa unicamente dallo stop a Puretta. Uno stop necessario per tornare ad una trattativa reale, che ricerchi una equilibrata composizione delle diverse esigenze: quelle dell'azienda e dei lavoratori certamente, ma anche quelle dei residenti e delle altre attività circostanti. Servono  soprattutto indicazioni che guardino maggiormente al futuro della zona, disincentivando gli abusi e gli sprechi. Indicazioni troppo sbilanciate come quelle “elaborate” dalla Regione, per di più presentate in forma di aut aut, sono invece destinate ad allontanare la soluzione dei problemi, inasprendo fatalmente i conflitti.

Fabio Bernardini, Progetto Originario

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