venerdì 24 giugno 2011

Confronto con Rosa Dello Sbarba. Anche i direttori generali sbagliano.

Cara Rosa, ti ringrazio per aver accettato pubblicamente il dialogo sull’ospedale. Negli ultimi tre giorni ho dovuto riscrivere questa mia replica varie volte, rincorrendo gli eventi. Torno alla tastiera la mattina dopo un Consiglio Comunale estenuante, concluso alle due di notte, con la sensazione di trovare un futuro grigio davanti. Abbiamo votato tutti un documento che chiede un tavolo di concertazione sull'intero ospedale, anche sul materno-infantile e il punto nascita. Credo di aver fatto quanto potevo per cercare di mediare le posizioni, per trovare una via d'uscita che evitasse ulteriori tagli irrimediabili. So che nella Volterra di oggi, questa è la posizione più scomoda, perché il rischio di restare schiacciati è forte. Le premesse per un dialogo reale sono molto fragili. L'ho sentito ieri mattina nella sede della Società della Salute e più ancora in Consiglio. Concordo su alcuni dei tuoi punti di vista. Ad esempio sull’inopportunità di alcune passate scelte bellicose del sindaco nei confronti della Asl, poi rivelatesi controproducenti, sulle quali non a caso la giunta venne informata a posteriori. E’ anche vero che l’amministrazione comunale forse avrebbe potuto monitorare la situazione del punto nascita più attentamente, sebbene a questo riguardo il sindaco sostenga di essere sempre stato rassicurato dal direttore della Asl, Damone, che inaspettatamente avrebbe annunciato l’intenzione di chiudere alla vigilia della scadenza triennale. I verbali della Società della Salute su questo mi sembra che confermino le parole del sindaco, perché riportano parole lusinghiere sul progetto da parte del direttore e fino da ultimo mai preoccupanti.
Lasciami però dire che sono rimasto letteralmente allibito dalle parole e dall'atteggiamento tenuto in Consiglio Comunale dal dr Damone. Se al tavolo di concertazione dovessimo ritrovare una direzione dell'azienda così ostinatamente rigida nelle proprie posizioni, non avrebbe alcun senso parlare di “concertazione”, di “confronto”. Penso che ai legittimi rappresentanti dei cittadini della Val di Cecina qualche diritto vada riconosciuto anche da parte dei managers della sanità. Tanto più su argomenti così delicati. Chiariamo, chiudere il punto nascita non significa soltanto rinunciare ad una specifica prestazione; significa spegnere un servizio a ciclo continuo capace di dare risposta alle emergenze. Ridotto a semplice ambulatorio, confinato alle sole ore diurne, il servizio non potrà che limitarsi agli interventi programmati, perdendo da subito le urgenze e i ricoveri, per poi ridurre progressivamente anche altri tipi di prestazioni. Perché l’esperienza dimostra che, riducendo la capacità operativa sotto un certo limite, si compromette la funzionalità dell’insieme. Affinché si possa ragionare concretamente, però, un aspetto va di nuovo chiarito. Non si può negare che la direzione stia tentando di tagliare ulteriormente l’ospedale per ragioni economiche. In Consiglio Damone ha esordito affermando che un cittadino della Val di Cecina costa alla Asl 5 più degli altri. Ma è ovvio, perché rinfacciarcelo? Con poca popolazione distribuita su un territorio vasto e articolato la spesa pro-capite è superiore. Ma i numeri assoluti restano decisamente piccoli, se è vero che il nostro intero presidio per la degenza pesa sul budget della Asl 5 per poco più di 5,5 milioni, mentre il Lotti di Pontedera per oltre 52. Nel nostro caso però la tendenza è a ridurre rapidamente gli investimenti. Infatti, il primo tentativo di chiusura del punto nascita avvenne nel 2003, quando non poteva giustificarsi sulla base dei numeri perché quel tipo di limite fu imposto in seguito. Allora l’espediente fu il progetto Casa del parto dolce, che in concreto intendeva ridurre al minimo la presenza dei ginecologi, dislocare i letti pediatrici in Medicina e quelli di Ostetricia in Chirurgia. Già allora saltò agli occhi che si trattava di tagli al personale: ginecologi quasi azzerati ed eliminazione di gran parte degli infermieri, scaricando i ricoveri sulle spalle di Medicina e Chirurgia. Grazie al sostegno di molti concittadini quel tentativo sfumò, ma da allora la Asl 5 non ha mai abbandonato l’idea di eliminare il reparto. Potrei citare molti episodi illuminanti sulle evidenti intenzioni della Asl 5, che in fondo sono perfettamente esemplificate dalla forzatura dei letti pediatrici in Medicina. Una scelta che non ha prodotto né sicurezza né risparmi, ha soltanto scoraggiato l’utenza spingendola a rivolgersi altrove. Il calo dei numeri è facile da ottenersi per l'azienda. Nella tua risposta, Rosa, hai sostenuto che lo scontro con la Asl è dannoso: mi trovi quasi d’accordo. Tu stessa hai sottolineato in conferenza dei capigruppo che per dialogare occorre stabilire un minimo di rapporto di correttezza e di lealtà tra le parti. Un invito che hai  rivolto principalmente all'amministrazione comunale, o almeno così mi è parso. Io vorrei estenderlo alla direzione della Asl 5, affinché non supponga di poter intraprendere un percorso di concertazione fasullo, dalle conclusioni già segnate. Faccio notare che negli ultimi anni in gran parte degli operatori e degli utenti si è fatto strada un sentimento di sfiducia e talvolta anche di rabbia rivolto non verso l’ospedale nel suo insieme, che anzi è apprezzato, ma verso chi lo dirige. Ed è successo non a caso, e neanche perché un pugno di sovversivi si è inventato lo spettro dei tagli. Ma perché quei tagli ci sono stati realmente, sono stati pesanti e non accennano a diminuire. Capisco che ci siano problemi di budget, ma affrontiamoli in maniera chiara, evitando sotterfugi e forzature.

Fabio Bernardini, Progetto Originario

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