Il gentiluomo che
qualche tempo fa lanciò bocconcini avvelenati ai cani e ai gatti dei Pratini e
di altre aree verdi della città sa benissimo come funziona. Un bell’impasto con
un po’ di carne fresca e appetitosa è fondamentale per avvolgere la stricnina e
occultare la tossina dentro un involucro prelibato. Nessuna creatura cadrebbe
nel tranello, se non fosse attratta da un’esca invitante messa lì a bella posta
per far venire l’acquolina in bocca. L’impianto del referendum costituzionale
somiglia ad una polpetta avvelenata, dove la pietanza stuzzicante è costituita
dall’eliminazione di una parte dei senatori, l’abrogazione del CNEL e i
presunti tagli di spesa, mentre il vero principio attivo che sta al cuore della
revisione renziana è lo sbilanciamento dei poteri dal parlamento al governo e l’allontanamento
degli strumenti decisionali dalla base dei cittadini verso il vertice della
piramide, dove dimora il presidente del consiglio.Ovviamente nessuno avrebbe
votato un referendum che si fosse limitato ad eliminare l’elezione diretta dei senatori
da parte dei cittadini trasformandola in una nomina interna ai partiti, a
trasferire una bella quota di potere dalle camere agli uffici del governo (organo
molto meno rappresentativo), ad innalzare le soglie per la presentazione delle
leggi di iniziativa popolare e per richiedere i referendum, senza l’esca di un
paio di ingredienti falsamente anticasta, che permettesse a tutta la fanfara
del governo di suonare fino alla noia i ritornelli renziani. Certo, è molto
ingenuo da parte dell’elettore aspettarsi una riforma anticasta se a
promuoverla è il fior fiore della casta stessa, ma se mettiamo in conto il
martellamento propagandistico radiotelevisivo e di certi organi di stampa, il
giochetto potrebbe anche riuscire. Resta il fatto incontrovertibile che tutto
il complesso delle modifiche alla Carta coordinato con la legge elettorale allontana
decisamente il Paese dal modello di una democrazia partecipata, spostando il
timone delle decisioni nelle mani di una minoranza sempre più oligarchica,
mille miglia lontana dai cittadini comuni. Il nuovo assetto dello Stato diviene
ancor più tetro se guardato in prospettiva futura quando, a causa del combinato
della Boschi-Renzi con la legge elettorale (Italicum), il nuovo parlamento
somiglierà sempre di più al partito di maggioranza, tanto che ulteriori future
riforme costituzionali troveranno molto più facilmente i due terzi dei suffragi,
evitando perfino il passaggio referendario. La storia insegna che una volta imboccato
il cammino dell’accentramento del potere, è aperta la strada per più decise svolte
autoritarie, per esempio presidenzialistiche, mentre ogni tentativo di ritorno
ad una democrazia bilanciata verrà reso assai arduo. Come è facile prevedere
che risulterà sempre più difficile la nascita e la sopravvivenza di partiti nati
dal basso realmente alternativi agli attuali, quando gran parte degli strumenti
legislativi e decisionali sarà nelle mani del partito che occuperà l’esecutivo.
Per questi motivi ritengo che sia importante votare No al referendum del 4
dicembre. Contrariamente a quanto recita lo slogan della parte opposta, non
basta un segno su una scheda per far progredire questo Paese, ma è vero che il nostro
segno sul simbolo sbagliato può certamente peggiorarlo.
Fabio Bernardini
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