venerdì 2 dicembre 2016

La polpetta avvelenata

Il gentiluomo che qualche tempo fa lanciò bocconcini avvelenati ai cani e ai gatti dei Pratini e di altre aree verdi della città sa benissimo come funziona. Un bell’impasto con un po’ di carne fresca e appetitosa è fondamentale per avvolgere la stricnina e occultare la tossina dentro un involucro prelibato. Nessuna creatura cadrebbe nel tranello, se non fosse attratta da un’esca invitante messa lì a bella posta per far venire l’acquolina in bocca. L’impianto del referendum costituzionale somiglia ad una polpetta avvelenata, dove la pietanza stuzzicante è costituita dall’eliminazione di una parte dei senatori, l’abrogazione del CNEL e i presunti tagli di spesa, mentre il vero principio attivo che sta al cuore della revisione renziana è lo sbilanciamento dei poteri dal parlamento al governo e l’allontanamento degli strumenti decisionali dalla base dei cittadini verso il vertice della piramide, dove dimora il presidente del consiglio.Ovviamente nessuno avrebbe votato un referendum che si fosse limitato ad eliminare l’elezione diretta dei senatori da parte dei cittadini trasformandola in una nomina interna ai partiti, a trasferire una bella quota di potere dalle camere agli uffici del governo (organo molto meno rappresentativo), ad innalzare le soglie per la presentazione delle leggi di iniziativa popolare e per richiedere i referendum, senza l’esca di un paio di ingredienti falsamente anticasta, che permettesse a tutta la fanfara del governo di suonare fino alla noia i ritornelli renziani. Certo, è molto ingenuo da parte dell’elettore aspettarsi una riforma anticasta se a promuoverla è il fior fiore della casta stessa, ma se mettiamo in conto il martellamento propagandistico radiotelevisivo e di certi organi di stampa, il giochetto potrebbe anche riuscire. Resta il fatto incontrovertibile che tutto il complesso delle modifiche alla Carta coordinato con la legge elettorale allontana decisamente il Paese dal modello di una democrazia partecipata, spostando il timone delle decisioni nelle mani di una minoranza sempre più oligarchica, mille miglia lontana dai cittadini comuni. Il nuovo assetto dello Stato diviene ancor più tetro se guardato in prospettiva futura quando, a causa del combinato della Boschi-Renzi con la legge elettorale (Italicum), il nuovo parlamento somiglierà sempre di più al partito di maggioranza, tanto che ulteriori future riforme costituzionali troveranno molto più facilmente i due terzi dei suffragi, evitando perfino il passaggio referendario. La storia insegna che una volta imboccato il cammino dell’accentramento del potere, è aperta la strada per più decise svolte autoritarie, per esempio presidenzialistiche, mentre ogni tentativo di ritorno ad una democrazia bilanciata verrà reso assai arduo. Come è facile prevedere che risulterà sempre più difficile la nascita e la sopravvivenza di partiti nati dal basso realmente alternativi agli attuali, quando gran parte degli strumenti legislativi e decisionali sarà nelle mani del partito che occuperà l’esecutivo. Per questi motivi ritengo che sia importante votare No al referendum del 4 dicembre. Contrariamente a quanto recita lo slogan della parte opposta, non basta un segno su una scheda per far progredire questo Paese, ma è vero che il nostro segno sul simbolo sbagliato può certamente peggiorarlo.  

Fabio Bernardini

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