sabato 19 aprile 2014

PER LA SANITA’ PUBBLICA



L'articolo 32 della Costituzione Italiana afferma: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Negli ultimi anni i tagli alla sanità hanno generato un progressivo indebolimento del sistema sanitario pubblico, tanto da ledere un diritto sancito nella nostra Costituzione. L’arretramento della sanità pubblica è ben evidente, se si pensa alla drammatica diminuzione dei posti letto, alla contrazione forzata dei tempi di degenza, all’allungamento delle liste di attesa, all’inasprimento dei tickets e, per conseguenza di tutto ciò, al frequente ricorso del cittadino (quello che può permetterselo) alla sanità privata.
Il numero dei posti letto presenti complessivamente nelle strutture pubbliche, che nel 1997 nel Paese era di 328.000, nel 2009 era ridotto a 217.800: un terzo di meno. Ma non basta. I tagli continuano, se è vero che il numero di posti letto per 1000 abitanti in Italia è passato da 3,43 nel 2010 (la media dei paesi OCSE era di 4.8) al 3.29 nel 2012 (fonte: Ministero della Salute). E’ di questi giorni la notizia che il governo Renzi ha in mente un’ulteriore sforbiciata. La riduzione dei posti letto negli ospedali pubblici, che ha per conseguenza i tempi di degenza ridotti al minimo, costringe molti ammalati a tornare a casa in condizioni spesso precarie, con ricadute sociali ed economiche sulle famiglie.
L’allungamento talora sfibrante delle liste di attesa e l’inasprimento dei tickets inducono una fetta sempre più ampia della popolazione (quella che può ancora permetterselo) a rivolgersi alle strutture private, dove a fronte di tempi di attesa sicuramente più corti i costi per le prestazioni risultano spesso paragonabili e talora addirittura inferiori a quelli dei tickets applicati nelle strutture pubbliche. Se non è un'operazione di boicottaggio questa.
Nella nostra zona, purtroppo, abbiamo cominciato a pagare da anni il conto alla politica dei tagli alla sanità pubblica. Ultimamente abbiamo assistito al progressivo depauperamento dei servizi offerti dal nostro ospedale, che ha costretto tanti cittadini a spostamenti di diverse decine di chilometri verso le strutture più grandi. Dall’iniziale depotenziamento delle specialistiche (come alcuni settori della chirurgia o il parto) e delle aree di degenza (come ostetricia, pediatria e cardiologia) siamo arrivati progressivamente ad intaccare anche i sevizi essenziali, come la reperibilità pediatrica, alcune specialità chirurgiche e le attività della cardiologia.
Poco ci rassicura il fatto che in molte regioni italiane la situazione sanitaria sia perfino peggiore che in Toscana, quando questo comporta comunque per l’utente lunghe attese, disagi, obbligo di spostamenti e costi diretti (ticket) ed indiretti (spese di viaggio ed soggiorno) rilevanti. Il taglio delle spese per le aziende sanitarie, che ovviamente è giusto quando si tratta davvero di eliminare i veri sprechi, nei casi citati si traduce in disagi e costi ribaltati in capo all’utente finale, il malato. Alla base dell'arretramento registrato in questi anni c’è la gestione della struttura sanitaria pubblica pretesa come azienda qualsiasi, per di più fortemente politicizzata. Conformare l'attività dell'ospedale a quella di un'azienda, ha comportato l'introduzione di una serie di artifici per misurane le prestazioni sulla base di utili fittizi, calcolati introducendo parametri numerici come i DRG. Simili metodi sono stati mutuati dal sistema statunitense, un sistema profondamente diverso dal nostro, incentrato sulle compagnie d'assicurazione e sui loro profitti, che tra l'altro è da anni fortemente criticato nella patria d'origine per l'esclusione di tanta parte della popolazione.
Quando consideriamo l'assistenza sanitaria un diritto, come vorrebbe la nostra Costituzione, le prestazioni al malato non possono essere intese che come un servizio. Oltretutto i cui costi sono già stati sostenuti dal cittadino attraverso la fiscalità generale. In un recente studio dell'Osservatorio sui consumi privati in sanità della SDA Bocconi (Ocps), si evidenzia che l’andamento della spesa sanitaria delle famiglie italiane negli anni 2010-2012 ricalca in modo impressionante l’andamento del PIL ed è legata ai redditi; tanto da arrivare ad affermare che la spesa sanitaria si comporta ormai come un genere di lusso. I dati cozzano in modo evidente con il dettato costituzionale, riposto in un cassetto da un fronte trasversale di partiti e sempre più dimenticato. Se non si interviene riportando la discussione sul diritto fondamentale ad essere curati, piuttosto che sui conti del ragioniere. Risparmiare si può, ma la spesa va aggredita davvero negli ambiti in cui risiedono gli sprechi insopportabili, come il costo eccessivo dei farmaci in molte regioni d'Italia (una siringa costa 6 centesimi alla Regione Veneto e fino 5€ in alcune Regioni del Sud), gli esborsi talora esorbitanti a vantaggio della sanità convenzionata, la moltiplicazione di posizioni dirigenziali fittizie (spesso concesse per meriti politici) da cui derivano compensi alti e troppo spesso ingiustificati.

Commissione Sanità - Progetto per Volterra, Sonia Guarneri candidata Sindaco

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