Mentre
tutta l'attenzione dei principali media nazionali è rivolta alla
condanna di Berlusconi e agli espedienti che potrà trovare per
restare comunque a galla, il governo delle larghe intese, sotto
impulso e stretta sorveglianza del Presidente Napolitano, continua a
sostenere che per condurre il Paese fuori dalla crisi è prioritario
il rinnovamento del nostro sistema istituzionale.
Cosa
intendono modificare?
La
forma di governo, il bicameralismo, la relazione fra Stato e
Regioni, contenuti nei titoli I-II-III e V della parte seconda della
Costituzione. Tutto questo, sia pur detto per inciso, non potrebbe
non avere conseguenze anche sulla prima parte della Costituzione,
quella che si dice non volere violare. Primo obiettivo dichiarato il
presidenzialismo, ipotesi già bocciata dai cittadini al referendum
confermativo del giugno 2006, quando oltre 15 milioni e 470 mila
italiani risposero “No” alla riforma costituzionale allora
approvata da una maggioranza parlamentare di centro-destra.
La
ricetta è di nuovo il presidenzialismo?
Come
ha osservato giustamente Gustavo Zagrebelsky l’introduzione del
presidenzialismo nel nostro paese “si risolverebbe in una misura
non democratica, ma oligarchica. L’investitura d’un uomo solo al
potere non è precisamente l’idea di una democrazia partecipativa
che sta scritta nella Costituzione”.
Come
stanno procedendo?
Utilizzando una deroga
illegittima all'art. 138 della stessa Costituzione, quindi
applicando una procedura abbreviata e monca, studiata appositamente
per schivare le principali forme di tutela della legge fondamentale
della Repubblica, così come
hanno ripetutamente segnalato numerosi costituzionalisti, tra i
quali Alessandro Pace. Secondo
Rodotà sono rivelatrici le parole adoperate nella risoluzione
parlamentare: “una procedura straordinaria di revisione
costituzionale”. L’abbandono della linea indicata dalla
Costituzione è dunque dichiarato.
Chi
detta l'agenda?
E' rivelatore il
rapporto sull’area euro redatto dalla ciclopica società finanziaria J.P. Morgan (28
maggio), secondo cui «all’inizio della crisi, si pensava che
i problemi nazionali fossero di natura economica, ma si è poi
capito che ci sono anche problemi di natura politica. Le
Costituzioni e i sistemi politici dei Paesi della periferia
meridionale, sorti in seguito alla caduta del fascismo, hanno
caratteristiche non adatte al processo di integrazione economica,
(…) e sono ancora determinati dalla reazione alla caduta delle
dittature. Queste Costituzioni mostrano una forte influenza
socialista, riflesso della forza politica che le sinistre
conquistarono dopo la sconfitta del fascismo. Perciò questi sistemi
politici periferici hanno, tipicamente, caratteristiche come:
governi deboli rispetto ai parlamenti, stati centrali deboli
rispetto alle regioni, tutela costituzionale del diritto al lavoro,
consenso basato sul clientelismo politico, diritto di protestare
contro ogni cambiamento. La crisi è la conseguenza di queste
caratteristiche. (…) Ma qualcosa sta cambiando: test essenziale
sarà l’Italia, dove il nuovo governo può chiaramente impegnarsi
in importanti riforme politiche».
Che
fare?
1)
Come sempre è di primaria importanza documentarsi (più giornali e
internet e meno Tv). 2) Firmare la petizione promossa dal Fatto
Quotidiano. 3) Aderire ad uno dei comitati che stanno nascendo per
la difesa della Costituzione. 4) Partecipare alla manifestazione che
Sabato
12 Ottobre si terrà a Roma per dire che la Costituzione è la “via
maestra” per realizzare la società che vogliamo.
Progetto
Originario
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