lunedì 21 maggio 2012

Il colore dei tagli

Non ci stancheremo di ripetere che la Regione Toscana ha sbagliato sposando la politica del contenimento della spesa anche attraverso impietosi i tagli al personale e in particolare ai piccoli ospedali. E' una scelta pericolosa, che spesso colpisce zone già penalizzate da una complicata accessibilità geografica e da carenze infrastrutturali come le aree montane. Strategia che portata oltre un certo limite produce un rilevante peggioramento dei servizi e per di più rischia di far collassare anche le strutture ospedaliere più grandi, che finiscono per trovarsi soffocate dalla domanda anche delle zone più lontane. A nostro parere il livello di guardia è stato raggiunto, insistere significa mettere a repentaglio il sistema sanitario toscano. Detto questo, sul tema “Sanità” occorre sgombrare il campo da una serie di evidenti strumentalizzazioni, che a Volterra ultimamente hanno oltrepassato la soglia della decenza. Nell'Italia di oggi affermare dal pulpito del centrodestra che i tagli alla sanità sono prerogativa della Toscana o delle Regioni amministrate dalla sinistra è un delitto che grida vendetta. Purtroppo i tagli alla sanità riguardano tutta l'Italia, anzi quasi ovunque la situazione è perfino peggiore che in Toscana. Giova, dunque, chiarire che attualmente nel nostro Paese vi sono 5 Regioni commissariate per aver mandato fuori controllo i conti della spesa sanitaria e sono: Campania, Lazio, Calabria, Molise e Abruzzo. Neanche a farlo apposta tutte Regioni amministrate dal centrodestra. Non invidiamo affatto i cittadini della Regione Campania, guidata da Stefano Caldoro (Pdl),  dove i malati sono costretti all'esodo sanitario (quasi 90.000 nel 2009) per cercare cure che i loro ospedali non forniscono, nonostante le spese folli che hanno prodotto un debito di 1,5 miliardi di euro verso una miriade di fornitori e aziende. La Regione Lazio, governata dalla Polverini e tanto cara a Storace, offre un altro magnifico esempio di malagestione: un'indagine dell'Aiop ha stimato che nella Regione della Polverini soltanto nel 2010 gli sprechi del settore sanitario siano ammontati a 1,9 miliardi di euro, una cifra al cui confronto il buco di Massa sembra roba da ragazzi. Nelle Regioni commissariate i tagli alla spesa sono drammatici, tanto che sono a rischio chiusura ospedali piccoli e grandi. Nella classifica della cattiva gestione subito dopo le 5 Regioni commissariate vengono tre Regioni costrette a piani di rientro del debito. Qui troviamo la Puglia di Vendola, che solo nel 2010 ha fatto registrare un deficit di 400 milioni di euro, assieme alla Sicilia (centrodestra) e Piemonte (centrodestra). Regioni in cui non è difficile immaginare i motivi della lievitazione della spesa sanitaria. Basti pensare alla straordinaria fioritura di costose strutture private accreditate in Sicilia, come la Casa di Cura “Serena” a Palermo, dove la percentuale di parti cesarei (quelli più costosi) registra il record nazionale dell'82%. Anche il caso Piemonte, guidato dal leghista Cota, è molto interessante. Qui, l'assessore regionale alla Sanità, Caterina Ferrero (Pdl), è stata costretta a dimettersi a causa dello scandalo collegato a un'indagine antimafia condotta dai carabinieri che ha portato a 142 arresti. Le accuse che l'hanno condotta agli arresti cautelari, provocando anche le sue dimissioni, sono varie: essersi adoperata per far aggiudicare un contratto da 50 milioni di euro a Federfarma dopo aver fatto revocare un regolare bando di gara, l'aver saputo di appalti truccati, nonché aver goduto dell'appoggio elettorale della 'ndragheta per intercessione del potente suocero, l'ex sindaco di Leinì Nevio Coral (Pdl). Ovvio che in questo quadro i pesanti rilievi alla spesa sanitaria del Piemonte da parte del Presidente della Corte dei Conti appaiono, in fondo, l'aspetto meno raccapricciante.
Rimesse le cose a posto circa il contesto nazionale, torniamo a ripetere che per difendere l'ospedale di Volterra nell'immediato futuro è indispensabile rivedere il Protocollo sulle Politiche Sanitarie di Zona siglato dal sindaco Buselli e dal direttore generale Rocco Damone. Questo è il principale strumento di programmazione sanitaria pluriennale sottoscritto dal Comune di Volterra e va sfruttato al massimo per garantire un avvenire al locale nosocomio. Perché sia efficace dovrebbe quanto meno individuare alcuni punti cardine da salvaguardare e possibilmente da valorizzare nel prossimo futuro. Il protocollo siglato da Buselli e Damone sembra una macedonia in po' insipida, che spesso si perde in dettagli di scarsa rilevanza politica senza fornire precise indicazioni su una visione di medio-lungo termine. Peggio, quelle poche linee guida che in origine c'erano sono state assurdamente abbandonate, come la difesa di Cardiologia e Utic (necessaria anche per non indebolire a cascata il settore delle riabilitazioni) e il varo della Guardia Attiva Anestesiologica. Rinunciando a fornire indicazioni strategiche chiare, il protocollo lascia di fatto mano libera al direttore generale della Usl, che può così decidere autonomamente cosa tagliare. Per questa ragione occorre intervenire con urgenza, prima della firma definitiva del documento in Regione. Altrimenti finiremo per accorgerci troppo tardi degli errori commessi, quando il tempo per rimediare sarà scaduto. 

Progetto Originario, Gruppo Consiliare

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