sabato 22 febbraio 2014

L’urbanistica improvvisata

Il tratto di mura minacciato dal progetto SD2
Il giorno 14 febbraio al Consiglio Comunale è stato messo al voto l’approvazione del Piano Complesso d'Intervento riferito allo Schema Direttore 2 ( zone di Docciola, La Stazione, Piazza XX Settembre, la Badia, ecc.). Una previsione urbanistica faraonica che prevede, tra le altre, la possibilità di realizzare nell'area di Docciola e di Porta Marcoli due parcheggi interrati a ridosso delle mura medioevali.
Innanzitutto va rimarcato che il programma elettorale della lista civica Uniti per Volterra prevedeva di abbandonare l'idea dei Piani Complessi, preferendo i più agili Piani Attuativi. In particolare il programma elettorale con cui noi di Progetto Originario e Uniti per Volterra ci presentammo agli elettori criticava l'adozione dei Piani Complessi, perché la complicazione e l'entità delle operazioni urbanistiche previste finisce per tagliare fuori le ditte ed i professionisti locali. Ma anche su questo tema Buselli ha fatto l'esatto contrario di quanto proclamava.
In secondo luogo adottare questo Piano a scadenza del mandato dell'Amministrazione è assurdo, perché la LR 1/2005 all'art. 57 chiarisce che : “l'efficacia del Piano Complesso D'intervento è limitata alla permanenza in carica della giunta che l'ha promosso”. Prorogabile al più per 18 mesi e non oltre. Dunque un altro costoso strumento urbanistico destinato a rimanere inefficace, chiuso in qualche cassetto.
Al di là tuttavia delle considerazioni circa l'inutilità di tale programmazione urbanistica , arrivata fuori tempo massimo, quel che è più grave è la sonora bocciatura che alcune previsioni hanno ricevuto dagli enti competenti al controllo delle opere pubbliche comunali.
In particolare nel parere espresso dal Genio Civile si legge espressamente che in merito alla previsione del parcheggio interrato a ridosso delle mura medioevali di Porta Marcoli, in difetto di “un monitoraggio della cinta muraria finalizzato a verificarne le effettive condizioni di stabilità....... non ci siano le condizioni necessarie per dar seguito alla previsione fino alla definizione di un quadro conoscitivo certo che verrà fornito soltanto a seguito degli esiti del suddetto monitoraggio”
Simili pareri, anche in considerazione dei recenti eventi che hanno colpito la città, avrebbero richiesto un atteggiamento prudente da parte di una Amministrazione che è ancora alle prese con emergenze gravissime. Una adeguata salvaguardia del territorio, del patrimonio architettonico e della comunità tutta, parte proprio da una seria programmazione urbanistica, che tenga conto anche delle fragilità della città. Viceversa si è scelto di andare dritti, ciechi e sordi perfino agli ammonimenti degli enti di controllo. Evidentemente per Buselli l’urbanistica non deve ispirarsi ad un’ attenta programmazione ma deve essere semplicemente funzionale alla campagna elettorale.

Progetto Originario


Per vere primarie di coalizione

Siamo ormai a metà febbraio, i giorni corrono e per fare delle vere primarie di coalizione nel centrosinistra è rimasto pochissimo tempo. Occorre scrivere ex novo un regolamento, accordarci su una possibile data, mettere in calendario una serie di incontri per presentare le candidature. E iniziare a pubblicizzare l'evento, perché se la gente non venisse informata e non fosse messa in condizione di partecipare le primarie, queste finirebbero per risultare svuotate.
Perché la direzione del PD volterrano di questo argomento non vuol sentir parlare, trincerandosi improvvisamente dietro la necessità impellente di definire il programma? Siamo stati i primi ad indicare la priorità di mettere a fuoco il programma, ma i tempi di discussione sono slittati proprio a causa delle esigenze del PD: niente vieta che si parli contemporaneamente di programma e di primarie. Per inciso ricordiamo che fin da settembre avevamo invitato il PD a discutere sul programma, ma finora la sua priorità era stata l'investitura del proprio candidato, lasciando in subordine la trattativa sui contenuti.
Adesso rimane solo un mese a disposizione e rimandare non è più possibile. Finora la fase delle trattative sui contenuti tra PO e il PD era proceduta molto bene, anche trovando inedite convergenze. Ma da quando abbiamo annunciato pubblicamente la candidatura di Sonia Guarneri, abbiamo l'impressione che il gruppo dirigente del PD si sia chiuso a riccio. Eppure, le prime reazioni riscontrate in città nei confronti di Sonia Guarneri sono state eccellenti. A questo punto, pensiamo, perfino troppo buone.
Nel primo incontro di coalizione, dove abbiamo chiesto di calendarizzare l'evento, prevedendo 3 assemblee pubbliche da tenersi a Volterra, Saline e Villamagna per dare agli elettori la possibilità di conoscere i candidati e confrontarsi con loro. Di fronte a questa proposta ancora una volta il gruppo dirigente del PD ha risposto che adesso di questo argomento non vuol sentir parlare. Da oltre un mese sollecitiamo i dirigenti del PD per accordarci su regole chiare e tempi certi per le primarie di coalizione, ma l'ostruzionismo incontrato ci ha spinto a sospendere le trattative in attesa delle dovute risposte. Dato il poco tempo rimasto a disposizione, a noi sembra che rimandare equivalga di fatto a boicottare la possibilità che gli elettori possano esprimersi sul candidato sindaco. Sembra dunque che la candidatura di Sonia Guarneri sia sentita dall'apparato del PD come una minaccia, mentre andrebbe guardata come una grande risorsa per il centro sinistra contro la lista civica di Buselli. Ricordiamo al gruppo dirigente del PD che già 5 anni fa regalò la vittoria alla lista civica, grazie alle divisioni interne prodotte da ostracismi e veti incrociati. Ripetere un simile errore sarebbe imperdonabile. Stante questa situazione, siamo orientati comunque a far conoscere e dialogare la nostra candidata con i cittadini sul territorio. In ogni caso terremo sempre una sedia libera per il candidato del PD, qualora tornasse disponibile, per iniziare a muoverci come una vera coalizione di centro sinistra per il bene della nostra zona.

Fabio Bernardini, Progetto Originario




venerdì 14 febbraio 2014

Un ospedale più solido

Fa discutere la nostra proposta mirata a prendere in considerazione l'ipotesi di accorpamento delle strutture riabilitative nel S. Maria Maddalena di Volterra, per allargare l'ospedale fino a circa 200 posti letto. L'operazione metterebbe il S. Maria Maddalena al riparo da probabili provvedimenti legislativi del governo, finalizzati alla soppressione dei cosiddetti “piccoli ospedali” (sostanzialmente quelli al di sotto dei 100 posti letto). Ricordiamo che lo scorso dicembre trapelò dagli uffici del Ministero della Salute la lista dei piccoli ospedali minacciati di chiusura. La lista comprendeva ben 175 nel paese, di cui 12 nella nostra Regione e tra questi troviamo il S. Maria Maddalena, l’ospedale di Volterra, che con i suoi 55 posti letto è il più piccolo della Toscana dopo l'SPDC Pisano, l'Amiata Senese e Castel del Piano.
Tra gli interventi letti in questi giorni sorprende quello del dr Ricotti, presidente di Auxilium Vitae, che il 5 febbraio presentando a La Nazione la prossima riorganizzazione di Auxilium spa, dichiara sul tema dell'accorpamento: “una fusione da un punto di vista normativo e giuridico non è perseguibile”. Un punto di vista in perfetta antitesi con quanto già affermato dal Direttore della Asl 5, Damone, che al contrario sullo stesso giornale qualche giorno prima aveva sostenuto la fattibilità tecnica dell'operazione.
Dopo quasi due settimane è arrivata, timidissima, la reazione del Pd locale, che in sede di confronto bilaterale aveva fatto trasparire una maggiore convinzione. Il comunicato del Pd, infatti, pur considerando l'accorpamento un'idea da valutare, si è limitato ad invitare la Regione a riflettere su questa soluzione. Rimettendo quindi in altre mani ogni valutazione. E' vero, come dichiara il Pd volterrano, che “l'organizzazione sanitaria spetta alla Regione”, ma è altrettanto vero che la politica locale dovrebbe saper pensare anche con la propria testa, per elaborare soluzioni e proposte adatte alle esigenze del proprio territorio.
Scontata, infine, la reazione dell’associazione “Difendiamo l’ospedale”, sempre aderente come un guanto alle opinioni della Lista Civica “Uniti per Volterra”. Più realista del re, l'associazione parlando della fusione tra Auxilium e ospedale, arriva perfino ad associarla a nuovi tagli. Peccato che da sempre il principale azionista di Auxilium Vitae spa sia proprio la Asl 5, che di fatto ha in mano le redini della struttura per le riabilitazioni. Oltretutto, trattandosi di una società per azioni, dal punto di vista gestionale, la Asl attualmente può perfino mantenersi le mani più libere rispetto a quanto accade nelle strutture pubbliche.
Naturalmente quando viene avanzata una proposta nuova è sempre utile che se ne parli, che si producano approfondimenti e si confrontino tutti i punti di vista. Assolutamente benvenute sono le critiche costruttive, tese a mettere in luce gli eventuali punti di debolezza di un progetto. Ma sotto questo profilo, finora, ci sembra che la gran parte degli interventi siano rimasti piuttosto sul generico. I nostri gentili interlocutori, inoltre, hanno trascurato di fornire una proposta alternativa, mirata a scongiurare l'ipotesi di partenza. Ovvero come possiamo attrezzarci, a Volterra, contro un eventuale taglio dei piccoli ospedali? La domanda è rimasta inevasa da parte di tutti. Ma è prudente continuare a far finta di niente, di fronte a reiterati tentativi da parte degli ultimi due governi di imporre tagli indiscriminati ai piccoli presidi? Poter affermare, domani, che l'avevamo detto non sarebbe granché consolante.
Progetto Originario

Acqua pubblica e affari privati

Il presidente di Asa, Fabio Del Nista
Il 6 febbraio Il Tirreno (cronaca di Livorno) ha riportato un'interessantissima intervista al presidente di Asa, Fabio Del Nista. Questa volta Del Nista non ha risparmiato critiche a Iren, il socio privato che detiene il 40% delle quote e la governance di Asa (ha due voti su tre in consiglio, oltre all’amministratore delegato). Iren di recente è stata quotata in borsa e da giugno 2013 ha come presidente l’ex ministro, Francesco Profumo. Del Nista si è lamentato di non essere stato minimamente informato dal socio privato delle proprie strategie aziendali. Il presidente di Asa, infatti, ha dichiarato polemicamente al giornale: “questi signori fanno fusioni, vanno in borsa. Eppure, si fosse fatto vivo qualcuno... Certo: c’è l’amministratore delegato. Ma le linee guida di Iren, nei confronti di Asa, non sono per niente chiare”. Del Nista aggiunge altre considerazioni critiche sulla scarsa collaborazione prestata ad Asa dall'azionista privato e infine sbotta direttamente: “ho l’impressione che di noi non gliene freghi nulla”.
Poi il presidente sorprendentemente dichiara: “Se la società fosse al 100% pubblica, per me sarebbe una passeggiata. Invece col socio privato c’è un confronto quotidiano: a volte è mediazione, altre volte un braccio di ferro”.
Simili dichiarazioni confermano che rispetto alla gestione dell'acqua la politica nazionale e locale continua a produrre disastri su disastri. La commistione tra pubblico-privato, inaugurata proprio dalla Regione Toscana più di 10 anni fa, ha dato risultati fallimentari. Perfino il presidente di Asa non può più nasconderlo e preso dallo sconforto si sfoga sul quotidiano locale. Eppure, nonostante l'evidenza di un fallimento annunciato, nonostante l'esito del referendum del 2011, Pd e Forza Italia insistono nel difendere lo status quo a qualsiasi costo.
Nella stessa intervista Del Nista non ha risparmiato critiche neppure all'Aeeg, l'Autorità che da un anno è stata incaricata di occuparsi delle tariffe dell'acqua oltre che al gas e all'energia elettrica. Afferma infatti: “in Aeeg si occupano da sempre di energia e gas, poi d’un tratto cominciano a gestire l’acqua. Questi non sapevano nulla e continuano a non sapere nulla in merito. Pensano che la tariffa dell’acqua sia uguale al Polo Nord come nel Sahara. Hanno inventato un metodo di definizione della tariffa cervellotico, basato su formule algebriche, che di fatto sta bloccando gli investimenti”.
Dunque, se tutto va male, se gli strumenti adottati e le autorità incaricate non funzionano, perché non tornare alla gestione diretta degli acquedotti da parte di consorzi di comuni? La risposta non può stare che nella difesa della sovrastruttura partitocentrica costruita negli anni attorno a questi enti. E' costosa, ingestibile, inefficiente, ma tiene in vita una vasta rete di sottogoverno indispensabile per una politica concepita soprattutto come occasione di spartizione di posti.


Progetto Originario 

venerdì 7 febbraio 2014

Il crollo

La frana delle mura
Il cedimento di 30 metri di mura in pieno centro cittadino è l’ultimo e il più grave di eventi che oramai sempre più spesso si abbattono sul nostro territorio. Quel varco che si apre nel vuoto, verso una delle ampie vallate che circondano la città, più di ogni altro episodio ci ricorda la fragilità del nostro territorio e ne diviene improvvisamente il simbolo.
Stiamo ancora facendo i conti con i danni pesantissimi dell’alluvione dello scorso ottobre, con una viabilità provinciale e comunale costellata da frane e dissesti in attesa oramai da anni di essere sanati, e con mille alle altre difficoltà che colpiscono il territorio e con esso anche il patrimonio culturale. Si tratta di una serie di eventi pesanti, sempre più frequenti e intensi, che non possono essere fronteggiati da un comune medio piccolo con le sue sole risorse, sia umane che economiche. Dice bene il prof. Settis nell'intervista pubblicata da Il Tirreno il 4 febbraio: il Ministero dei Beni Culturali non può limitarsi a considerare le mura di Volterra competenza del comune. Monumenti del genere sono un patrimonio di tutti, ed è logico che la competenza ricada anche sullo stato. Gli enti locali sono infatti strangolati dai limiti sull’assunzione di personale, dal taglio sistematico dei trasferimenti statali e dalla morsa del patto di stabilità che impedisce di spendere in opere pubbliche perfino i soldi incassati. Immediatamente dopo il crollo delle mura medioevali, anche grazie alla partecipazione dimostrata da tanti rappresentanti della cultura e dello spettacolo, vi sono state in effetti promesse significative, come il milione di euro che Rossi ha messo a disposizione per la messa in sicurezza dei manufatti affacciati sul ciglio della frana. Ma bisogna anche riflettere sulla politica dei tagli indiscriminati compiuta in questi ultimi anni. Sempre il prof. Settis ci ricorda che solo nel 2009 i finanziamenti destinati dallo Stato alle Regioni per il rischio idraulico erano 550 milioni, mentre oggi sono ridotti solo a 20. In questa situazione è manna se in occasione delle più gravi emergenze, gli enti sovraordinati (in particolare la Regione) sono intervenuti con fondi straordinari, come per esempio è accaduto un paio di anni fa in occasione della frana di Doccia o per gli interventi di messa in sicurezza del palazzo di Largo di Vittorio, nel quartiere delle Colombaie. Purtroppo, però, quasi mai questi stanziamenti sono stati sufficienti alla copertura totale della spesa, anzi spesso la loro erogazione è vincolata ad una compartecipazione comunale.
Se vogliamo tutelare un patrimonio così importante e fragile come i beni culturali di questo Paese , è chiaro quindi che serve un cambio di rotta nelle politiche centrali. Resta comunque il fatto che gli ultimi avvenimenti impongono una riflessione anche da parte dei comuni. Quando le risorse sono limitate occorre agire per priorità. Forse è il momento di concentrare gli investimenti futuri sulla corretta manutenzione delle infrastrutture primarie (fogne, acquedotti, strade) per la sicurezza strutturale degli edifici pubblici, mettendo da parte per un po’ le opere di pura estetica, che rendono sicuramente più grazioso qualche angolino di città e meglio si adattano alla moda dei “mi piace” di facebook, ma che nel contesto in cui siamo, finiscono per diventare soldi spesi in opere effimere.
Il crollo delle mura sotto Piazzetta dei Fornelli è una ferita aperta sulla città (dove per fortuna non si è fatto male nessuno), ma è anche un ammonimento. Concentriamo di più la nostra attenzione sulla manutenzione e la salvaguardia del territorio e con esso del nostro patrimonio storico e culturale. E' questa la nostra vera ricchezza e la naturale priorità dei prossimi anni.

Sonia Guarneri – Progetto Originario








E all'improvviso

La frana delle mura
La notte del 30 gennaio ci ha riservato una brutta sorpresa, il crollo improvviso di un tratto delle mura medioevali tra Piazza dei Fornelli e Porta all'Arco. La mattina dopo, appena alzati, molti di noi hanno accolto con incredulità la notizia data alla radio o alla televisione. Di schianto è precipitato lungo la scarpata sopra i Pratini un tratto di 30 metri della cinta muraria che abbraccia il centro storico. Nelle ore, nei giorni immediatamente successivi, alcune radicate convinzioni di noi volterrani hanno trovato conferma, altre sono crollate con le mura. Abbiamo avuto riprova di quanto sia apprezzata e tenuta in considerazione questa città quantomeno in ambito nazionale. L'evento ha catalizzato l'attenzione del governo (sono accorsi due ministri), della regione (nella persona del suo presidente Rossi), di molti esponenti della cultura e naturalmente dei media. Dagli esponenti delle principali istituzioni la città ha ricevuto molteplici espressioni di solidarietà e alcuni impegni importanti, sulla cui affettiva attuazione dovremo comunque vigilare attentamente. Affinché dopo l'onda emotiva non si distenda sull'avvenimento la mortifera calma piatta all'italiana.
Altra conferma: in questo periodo storico non siamo autosufficienti, non bastiamo più a noi stessi. Se vogliamo riparare il danno al nostro patrimonio storico-culturale, abbiamo bisogno della collaborazione e del sostegno degli altri. In questo fazzoletto di Toscana si è sedimentata nei secoli una concentrazione di ricchezza storica, culturale e ambientale che è molto più grande di quanto sia oggi la statura demografica ed economica di Volterra. Ferma restando la necessaria autonomia decisionale e progettuale che abbiamo il diritto-dovere di tutelare, abbiamo, però, un bisogno vitale d'intrattenere rapporti collaborativi e leali con le altre realtà vicine e lontane. E' indispensabile, in questi casi, poter contare su una regione Toscana che sull'immediato liberi un milione di euro per la messa in sicurezza degli edifici affacciati sull'orlo del baratro. Ma è altrettanto importante riuscire a mettere a sistema le risorse umane e tecniche dei comuni a noi vicini, perché da soli oggi non siamo in grado neppure di sorvegliare un territorio così ampio e fragile. Per esempio, l'Unione dei Comuni dispone di un tecnico geologo, mentre in forza al comune di Volterra questa figura tecnica non c'è mai stata e sicuramente l'amministrazione comunale da sola non potrà mai permettersela.
Veniamo alle disillusioni. Anche le strutture apparentemente più solide possono d'un tratto venir giù rovinosamente. Il clima sta cambiando, il pianeta si riscalda, si spostano gli equilibri ambientali e s'intensificano i fenomeni estremi. Ormai anche le stagioni sono polarizzate: abbiamo più aridità d'estate e piogge più concentrate ed intense in autunno. In mezzo a questa pericolosa rivoluzione climatica, abbiamo perso quasi del tutto la capacità di prenderci cura del territorio. L'esigenza di visibilità immediata spinge molte amministrazioni a concentrare gli investimenti pubblici sulle opere decorative e vistose, a sicuro impatto emotivo sull'elettorato. Si dimenticano così, per anni, i dissesti attivi lungo le strade, i corsi d'acqua ingolfati dalla vegetazione e dalla sporcizia, le mura che spanciano e trasudano acqua. Si dimenticano le infrastrutture invisibili perché interrate, le fognature e gli acquedotti, che perdono e scavano gradualmente sotto ai nostri piedi, minando la stabilità dei terreni. In questo Paese è un dato di fatto: la manutenzione del territorio non piace, perché non porta riconoscimenti. Se un palazzo storico, un palazzo che già c'è, resta in piedi perché il suo equilibrio è stato verificato ed è stato oggetto di sorveglianza, nessuno ne trarrà beneficio in termini di visibilità: nessun nastro sarà tagliato in pompa magna. Eppure sappiamo che un beneficio tangibile ricadrà sulla collettività per aver tutelato e conservato quel palazzo, ma nel modo più discreto, anzi invisibile addirittura.
In fondo sarebbe una bella cosa se dalla brutta esperienza del rovinoso crollo delle mura medioevali, riuscissimo a ricavare almeno uno spunto positivo. Cerchiamo di ottenere al più presto il recupero di questa parte della cinta muraria, ma non ci fermiamo lì. Proponiamo di approfittare dell'improvvisa attenzione nazionale su Volterra, per chiedere che tutte le istituzioni preposte in collaborazione tra loro attivino un piano di monitoraggio - e di manutenzione - dell'intero perimetro fortificato, ma anche delle dimenticate e preziosissime mura etrusche. Sarebbe un bel passo avanti, che riscatterebbe il trauma subito.
Progetto Originario



sabato 1 febbraio 2014

Rinnovamento e competenza

Il Tirreno 13 gennaio 2014

Sonia Guarneri candidata Sindaco


Sonia Guarneri

Martedì sera, l’assemblea convocata nella sede di Progetto Originario ha deliberato con voto unanime il nome del proprio candidato Sindaco alle prossime elezioni amministrative. Sarà l’avvocato Sonia Guarneri, membro del gruppo consiliare di PO ed ex assessore alle Politiche Sociali del Comune nella prima Giunta Buselli assieme a Bernardini, ma anche al prof. Furlanis e all’arch. Fambrini.
La candidatura di Guarneri è stata auspicata da più parti, da settori della società civile, dell’associazionismo e della politica, per cui la scelta dell’assemblea è maturata in un clima particolarmente favorevole, fino a risultare quasi spontanea.
I principali motivi con i quali è stata giustificata l’investitura di Sonia Guarneri sono la competenza, l’integrità, la capacità di ascolto. Proprio il caso di Volterra dimostra che nell’amministrazione di un Comune oggi non si possa più fare a meno di un adeguato tasso di competenza tecnica e giuridica. Per non cadere nell’improvvisazione amministrativa, che finisce per produrre immancabilmente disservizi e sprechi. Per avere un buon amministratore la competenza deve unirsi alle qualità etiche della persona, che sappia porre il bene del Comune al di sopra dell’interesse di parte. E sotto questo profilo consideriamo la consigliera di PO una candidata inappuntabile. Il buon esito dei rapporti istituzionali ma soprattutto le esigenze dei cittadini richiedono al futuro Sindaco di Volterra anche apertura e capacità di ascolto. Doti che Guarneri ha ampiamente dimostrato nel periodo in cui ha guidato le politiche sociali del Comune.  
Infine, va sottolineato il valore di rinnovamento e l’investimento sul futuro che Progetto Originario mette a disposizione della città con la candidatura di Sonia Guarneri. Volterra ha un estremo bisogno di dare spazio al rinnovamento per non ritrovarsi ancora una volta ripiegata su se stessa. Ha bisogno d’investire sulle sue migliori risorse umane, quelle che sono riuscite a farsi spazio in questi ultimi anni, pur trovando un contesto assai più difficile rispetto al passato. La città esprime ancora energie vive e valori positivi. Occorre dar loro fiducia.
Progetto Originario

Schegge di crisi



L'attuale crisi economica per il suo lungo e incerto decorso e le sue storiche dimensioni viene avvertita ovunque, ma finora ha avuto impatti sicuramente più travolgenti e pervasivi nelle realtà maggiormente vocate per l'industria. In questo senso possiamo affermare che Volterra non si trova nell'occhio del ciclone. Ma basta guardare appena fuori dalla porta di casa per sbattere il muso nel disastro in corso. Un disastro economico a cui purtroppo si accompagna lo sfaldamento drammatico di una struttura sociale ormai disarticolata. A me sembra valga la pena gettare un po' di luce su una vicenda tra le tante che accadono in questo periodo. Quella che attanaglia dall'inizio della crisi un'industria della vicina Poggibonsi, dove lavorano anche tre volterrani. Si tratta di una di quelle industrie per caravan per le quali Poggibonsi è ormai nota, un'azienda che solo 3 anni fa contava 250 dipendenti, di cui la gran parte nello stabilimento principale e 67 distaccati in un secondo impianto con sede in un piccolo comune a sud della provincia di Siena. Con la crisi economica le vendite di un bene voluttuario come il camper sono crollate, specie in Italia. L'impatto è stato durissimo, tanto più che a sostenere il colpo alla guida dell'azienda non c'era più il suo fondatore, deceduto nel 2005. La seconda generazione spesso non ha la fibra di chi l'ha preceduta e, nel nostro caso, l'azienda con un mercato in picchiata si è presto trovata gravata da circa 50 milioni di euro di debiti verso fornitori e banche.
L'impianto decentrato è stato il primo ad essere sacrificato. Lo stabilimento fu chiuso nel 2011 e i dipendenti, dopo un periodo di cassa integrazione, sono stati licenziati nell'estate del 2013. Nello stesso periodo anche per lo stabilimento principale, quello di Poggibonsi, venne dichiarato lo stato di crisi, con richiesta di ammissione al concordato preventivo per le notevoli difficoltà finanziarie e conseguente accordo di cassa integrazione straordinaria per tutti i 164 dipendenti residui. L'accordo prevedeva di attivare una rotazione fra i dipendenti rimasti per rispondere alle esigenze di produzione, dato che la domanda nel frattempo accennava alla ripresa, anche se in misura molto limitata. Ma nei mesi successivi la rotazione del personale venne attuata in modo molto parziale, in determinati reparti alcuni lavoratori sono stati costantemente esclusi e altri sono stati richiamati col contagocce. Nel contesto di una crisi così dura, con la prospettiva di ulteriori licenziamenti, simili indizi vengono subito colti e non mancano di seminare il panico. Anche per via del clima pesante creatosi in azienda, dove aleggiano ormai stabilmente paura, sospetto, piccoli e grandi rancori. Nel frattempo hanno preso piede voci dell'imminente costituzione di una NewCo (la nuova compagnia che dovrebbe sostituire l'attuale), dove troverebbe posto soltanto la metà circa dei dipendenti in forza all'azienda. Inutile dire che per l'altra metà del personale si è fatta concreta la prospettiva del licenziamento finale dopo il limbo della cassa integrazione.
In questi casi la legge offre alle aziende una diversa alternativa, la gestione solidale della minore attività attualmente disponibile attraverso l'utilizzo del contratto di solidarietà, redistribuendo, non necessariamente in parti uguali, i carichi di lavoro tra i dipendenti rimasti.  Di fronte a questa drammatica prospettiva, alla vigilia di Natale (ad azienda chiusa e all'insaputa della gran parte dei dipendenti), la solidarietà s'è infranta. Uno dei due sindacati presenti in azienda, la FIM-CISL, ha firmato da sola l'accordo preliminare alla costituzione della nuova società, in cui verranno trasferiti solo 85 dipendenti. Questo mentre la FIOM-CGIL tentava di non abbandonare a se stessi metà dei dipendenti, promuovendo lo strumento del contratto di solidarietà e quindi il ricorso ad ammortizzatori sociali conservativi e solidali, unitamente ad uscite volontarie e incentivate.
In pratica si è riprodotto specularmente il modello FIAT di Pomigliano, che come c'era da attendersi ha germinato chissà quante imitazioni. Con tutto il seguito di veleni, a partire dallo scontro interno tra sindacati e tra operai, che si sono visti divisi da quel momento tra “sommersi e salvati”, inclusi ed esclusi. Rapidamente si è sparso il timore che nel gran numero dei destinati al licenziamento potrebbe finire buona parte degli operai iscritti al sindacato meno malleabile, o magari quelli meno giovani, quelli con ridotte capacità lavorative. I nostri tre concittadini dipendenti della ditta hanno tutti oltre 50 anni di età, non godono di perfetta salute e, logicamente, non dormono sonni tranquilli da molte settimane.
Forse a qualcuno potrà sembrare un racconto tratto da una cronaca degli anni '50. Invece succede adesso, qui, a due passi da noi, e in molte altre parti del Paese. Mentre la politica nazionale s'accapiglia e si disperde nei teatrini di sempre, la Juve conduce trionfalmente il campionato e l'Italia s'appresta a seguire in tv la 64° edizione del festival di Sanremo.

Fabio Bernardini, Progetto Originario

Proposta ospedale: l’apertura di Damone




La scorsa settimana abbiamo avanzato pubblicamente una proposta in materia di sanità,  chiedendo di ragionare assieme ai soggetti interessati, politici e non, all'ipotesi di riportare il comparto delle riabilitazioni cittadine (Auxilium Vitae e nel tempo auspicabilmente anche Inail) all'interno dell'ambito Asl. L'operazione è mirata a rafforzare e “compattare” tutte le risorse del settore per mettere al riparo l’ospedale cittadino dalle sforbiciate delle prossime leggi finanziarie. Difatti i più recenti provvedimenti governativi in materia sanitaria stanno andando nella direzione della chiusura per obbligo di legge dei cosiddetti “piccoli ospedali”, quelli al di sotto dei 100 posti letto. Appena qualche mese fa, col governo delle larghe intese, sono trapelate su tutti i giornali indiscrezioni sul possibile taglio di 175 piccoli ospedali e nella lista figurava, tra i primi ad essere sacrificati, il S. Maria Maddalena di Volterra, con i suoi miseri 55 posti letto ufficiali.
La nostra proposta mira, quindi, a creare le condizioni “giuridiche” per poter considerare l'ospedale di Volterra una sola entità con il comparto delle riabilitazioni, arrivando a gestire, nel tempo,  poco meno di 200 posti letto.
Il direttore Damone ha pubblicamente risposto alla proposta dalle pagine dalle pagine de La Nazione il 24 gennaio scorso, giudicandola “interessante, piuttosto complessa” ma al fin fine “fattibile”, quindi dichiarandosi disposto ad aprire un confronto con gli altri attori interessati. Questo è un dato molto importante, sicuramente da non sottovalutare. L’apertura del direttore della Asl ci consente oggi di affermare che l'idea dell'accorpamento oltre ad avere un preciso orizzonte politico (quello della continuità dell'ospedale nel futuro) ha anche un suo fondamento tecnico sanitario. Logico che in un ambito così complesso come quello ospedaliero, parlando di soggetti con assetti societari e giuridici diversi, occorra approfondire tutti i diversi aspetti connessi all'accorpamento, per valutare correttamente e bilanciare i costi/benefici dell'operazione. Per questo auspichiamo un dibattito ampio e approfondito sul tema, senza preconcetti. Unica certezza dev'essere l'obiettivo essenziale da cui parte la nostra proposta: ricercare una strada sicura per evitare che un eventuale taglio dei piccoli ospedali disposto dall’alto ci colga di sorpresa, annullando il patrimonio di esperienza e professionalità che oggi ruota attorno al S. Maria Maddalena.
E' chiara e perfino ovvia la nostra disponibilità al confronto anche con altre proposte che possano venire dai soggetto più disparati, purché costituiscano alternative egualmente efficaci, idonee ad evitare i rischi sopraesposti. Se qualcuno ha idee migliori per mettere in sicurezza l'ospedale, siamo lieti di ascoltarle e discuterne. 
Scontata come sempre, invece, la reazione inutilmente polemica di Buselli. Dimostrando fino a che punto l'interesse per l'ospedale nel suo caso faccia rima con opportunità elettorale, straparla senza cogliere nel segno del “patto territoriale”. Un povero bastione di carta velina, buono da contrabbandare come elisir per l'ospedale giusto ai suoi vocianti galoppini. Perfino i bambini sanno che i vari protocolli ospedalieri, patti territoriali e compagnia bella sono impegni generici che non vincolano in nessun modo un governo centrale, che può agire in perfetta libertà. Se ci basassimo sull'efficacia di simili pezzi di carta, staremmo freschi. Sarebbe come credere ai 40 milioni già stanziati per la 68, o al nuovo cimitero da 6 milioni annunciato lo scorso anno, o al pareggio di bilancio del S. Chiara.  
Progetto Originario