La frana delle mura |
La
notte del 30 gennaio ci ha riservato una brutta sorpresa, il crollo
improvviso di un tratto delle mura medioevali tra Piazza dei Fornelli
e Porta all'Arco. La mattina dopo, appena alzati, molti di noi hanno
accolto con incredulità la notizia data alla radio o alla
televisione. Di schianto è precipitato lungo la scarpata sopra i
Pratini un tratto di 30 metri della cinta muraria che abbraccia il
centro storico. Nelle ore, nei giorni immediatamente successivi,
alcune radicate convinzioni di noi volterrani hanno trovato conferma,
altre sono crollate con le mura. Abbiamo avuto riprova di quanto sia
apprezzata e tenuta in considerazione questa città quantomeno in
ambito nazionale. L'evento ha catalizzato l'attenzione del governo
(sono accorsi due ministri), della regione (nella persona del suo
presidente Rossi), di molti esponenti della cultura e naturalmente
dei media. Dagli esponenti delle principali istituzioni la città ha
ricevuto molteplici espressioni di solidarietà e alcuni impegni
importanti, sulla cui affettiva attuazione dovremo comunque vigilare
attentamente. Affinché dopo l'onda emotiva non si distenda
sull'avvenimento la mortifera calma piatta all'italiana.
Altra
conferma: in questo periodo storico non siamo autosufficienti, non
bastiamo più a noi stessi. Se vogliamo riparare il danno al nostro
patrimonio storico-culturale, abbiamo bisogno della collaborazione e
del sostegno degli altri. In questo fazzoletto di Toscana si è
sedimentata nei secoli una concentrazione di ricchezza storica,
culturale e ambientale che è molto più grande di quanto sia oggi la
statura demografica ed economica di Volterra. Ferma restando la
necessaria autonomia decisionale e progettuale che abbiamo il
diritto-dovere di tutelare, abbiamo, però, un bisogno vitale
d'intrattenere rapporti collaborativi e leali con le altre realtà
vicine e lontane. E' indispensabile, in questi casi, poter contare su
una regione Toscana che sull'immediato liberi un milione di euro per
la messa in sicurezza degli edifici affacciati sull'orlo del baratro.
Ma è altrettanto importante riuscire a mettere a sistema le risorse
umane e tecniche dei comuni a noi vicini, perché da soli oggi non
siamo in grado neppure di sorvegliare un territorio così ampio e
fragile. Per esempio, l'Unione dei Comuni dispone di un tecnico
geologo, mentre in forza al comune di Volterra questa figura tecnica
non c'è mai stata e sicuramente l'amministrazione comunale da sola
non potrà mai permettersela.
Veniamo
alle disillusioni. Anche le strutture apparentemente più solide
possono d'un tratto venir giù rovinosamente. Il clima sta cambiando,
il pianeta si riscalda, si spostano gli equilibri ambientali e
s'intensificano i fenomeni estremi. Ormai anche le stagioni sono
polarizzate: abbiamo più aridità d'estate e piogge più concentrate
ed intense in autunno. In mezzo a questa pericolosa rivoluzione
climatica, abbiamo perso quasi del tutto la capacità di prenderci
cura del territorio. L'esigenza di visibilità immediata spinge molte
amministrazioni a concentrare gli investimenti pubblici sulle opere
decorative e vistose, a sicuro impatto emotivo sull'elettorato. Si
dimenticano così, per anni, i dissesti attivi lungo le strade, i
corsi d'acqua ingolfati dalla vegetazione e dalla sporcizia, le mura
che spanciano e trasudano acqua. Si dimenticano le infrastrutture
invisibili perché interrate, le fognature e gli acquedotti, che
perdono e scavano gradualmente sotto ai nostri piedi, minando la
stabilità dei terreni. In questo Paese è un dato di fatto: la
manutenzione del territorio non piace, perché non porta
riconoscimenti. Se un palazzo storico, un palazzo che già c'è,
resta in piedi perché il suo equilibrio è stato verificato ed è
stato oggetto di sorveglianza, nessuno ne trarrà beneficio in
termini di visibilità: nessun nastro sarà tagliato in pompa magna.
Eppure sappiamo che un beneficio tangibile ricadrà sulla
collettività per aver tutelato e conservato quel palazzo, ma nel
modo più discreto, anzi invisibile addirittura.
In
fondo sarebbe una bella cosa se dalla brutta esperienza del rovinoso
crollo delle mura medioevali, riuscissimo a ricavare almeno uno
spunto positivo. Cerchiamo di ottenere al più presto il recupero di
questa parte della cinta muraria, ma non ci fermiamo lì. Proponiamo
di approfittare dell'improvvisa attenzione nazionale su Volterra, per
chiedere che tutte le istituzioni preposte in collaborazione tra loro
attivino un piano di monitoraggio - e di manutenzione - dell'intero
perimetro fortificato, ma anche delle dimenticate e preziosissime
mura etrusche. Sarebbe un bel passo avanti, che riscatterebbe il
trauma subito.
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