lunedì 30 gennaio 2012

Conflitto di interessi

Lo spettro del conflitto di interessi è uno dei punti emersi nell'incontro che i professionisti del settore edile hanno tenuto la scorsa settimana con il sindaco e altri rappresentanti dell'amministrazione comunale. La terza riorganizzazione del personale dell'era Buselli, infatti, tra le altre perle ha prodotto anche questa. La scelta di affidare il settore tecnico del Comune al coniuge di un noto professionista locale in piena attività pone il problema del conflitto di interessi in tutta la sua evidenza. La questione non è ignota alla Giunta Buselli, perché era stata più volte dibattuta e analizzata anche in passato. Quando l'inopportunità di una simile soluzione era sembrata lapalissiana a quasi tutti, anche in ragione di precedenti esperienze. Fa un po' sorridere la giustificazione accampata dall'assessore Tonelli, quando afferma su un quotidiano che il problema è stato superato sottraendo l'ufficio gare al controllo dell'architetto in questione. Ovviamente le gare non rappresentano che una piccola parte del problema, mentre gli aspetti preponderanti risiedono nella funzione di controllo e autorizzazione dei progetti di edilizia privata e nell'attività collegata all'urbanistica. Fino ad oggi (almeno in questo campo) aveva prevalso il buon senso in Comune, ma progressivamente la parte più irrazionale di questa amministrazione ha rotto gli ultimi residui indugi. Anzi più si avvicina la scadenza naturale del mandato, più tende ad agire senza remore, né di ordine logico né di opportunità.

Progetto Originario 

Fuori rotta

 La Proposta di Sviluppo Strategico approvata dal CdA del S. Chiara e titolata “Di nuovo in cammino” è la risposta degli amministratori al grave disavanzo accumulato dall’azienda di servizi alla persona negli anni. Il  documento esamina la situazione attuale focalizzando le presunte cause del disequilibrio economico-finanziario. In sintesi, la tesi è la seguente. Sul fronte dei costi, le cause sarebbero individuate nella spesa del personale a cui si applica il contratto degli Enti Locali e le spese di manutenzione dell’attuale immobile. Dal lato dei ricavi, vi sarebbe un sottoutilizzo dei posti letto convenzionati con la Asl e quote sanitarie insufficienti a coprire le reali spese per le degenze. Le proposte centrali del documento sono: la costruzione di una nuova sede più economica e con meno posti-letto e il contenimento dei costi del personale. Quest'ultimo sembra l'obiettivo prioritario, da raggiungersi tramite la privatizzazione secondo lo schema della separazione tra il socio pubblico, staccato dalla gestione diretta, che verrà affidata ad una nuova società a capitale misto pubblico-privato. Quest’ultima si avvantaggerebbe di personale a costo minore. L'altro corno del problema verrebbe affrontato cambiando sede: la nuova Asp verrebbe realizzata nell’area ex Chiarugi o nel parcheggio dell’attuale Ospedale. Costo dello stabile: circa 5,4 milioni di euro, da recuperarsi con la cessione dei volumi in eccesso del padiglione Chiarugi, frazionati e alienati in lotti separati. Manca, ed è grave, una vera e puntuale analisi sul lato dei ricavi. Semplicemente si ipotizza l’offerta di servizi alternativi alla popolazione anziana, senza peraltro alcun cenno ad un’analisi dei bisogni. Nessun riferimento ad una qualsiasi azione per l’innalzamento delle quote sanitarie. A una prima analisi, il documento francamente non ci soddisfa. Non condividiamo  innanzitutto la scelta di localizzare la struttura agli estremi margini della città. Quale anziano sarebbe lieto di trascorrere l’ultima parte della propria vita in un’area così lontana, a stretto contatto soltanto con l’area ospedaliera? Questo è tanto più importante, ipotizzando di creare servizi anche per anziani autosufficienti, che potrebbero essere attratti da una localizzazione non avulsa dalla città, dove i servizi siano accessibili. Se veramente si ritiene che l’attuale struttura comporti costi di manutenzione elevati, varrebbe la pena prendere in esame un intervento di riqualificazione della struttura esistente o perlomeno la costruzione di una nuova residenza in un’area a contatto con la città. Peraltro, ci pare irrealistica e alquanto spericolata l’operazione urbanistica proposta per il recupero dei volumi del Chiarugi. La rendono poco credibile: i costi supposti, la tempistica individuata (dovendo intervenire sugli strumenti  urbanistici) e la spregiudicatezza dell'operazione immobiliare. Anche l’altro cardine del piano di rilancio ci trova in disaccordo. L’ingresso di una società privata nella gestione di servizi alla persona.  Lo schema proposto è stato molto utilizzato negli ultimi anni, fornendo pessime prove. Si pensi alla gestione dell’acqua, ad esempio. L’effetto diretto della gestione mista è stato l’innalzamento delle tariffe e la perdita di qualità del servizio ai cittadini. Come potrebbe influire l’ingresso di un socio privato sui presunti squilibri tra domanda e offerta? E se gli investimenti per la nuova struttura saranno sostenuti interamente dall’attuale ASP mediante dismissione del proprio patrimonio, perché ricercare un socio privato a cui “girare” questo beneficio? Solo per operare risparmi sul personale? A nostro avviso questi saranno letteralmente “divorati” dalla connaturale necessità di garantire al socio privato il proprio profitto. Ne deriverà l'innalzamento delle quote a carico degli utenti e il risparmio sui servizi a scapito della loro qualità. In ogni caso la posta in gioco è così alta che intendiamo promuovere il più ampio confronto con le Istituzioni interessate, le forze politiche, le associazioni di volontariato, i sindacati. Prima di qualsiasi decisione.
Progetto Originario

Nubi su Poggio alle Croci

Sbarrata la strada per Poggio alle Croci
Da qualche giorno chi avesse tentato di fare una passeggiata o una corsa tra i pini di Poggio alle Croci si sarà imbattuto in una transenna che sbarra completamente l'accesso a tutta l'area. Non c'è nessun cartello di spiegazione, solo l'intimazione a restare fuori dalla zona per chiunque non sia espressamente autorizzato. Eppure non risulta vi siano lavori in corso né che siano occorse particolari novità. Un'iniziativa autonoma della Asl 5, riporta Il Tirreno di martedì 24. Resta difficile immaginare che si tratti di un'operazione estemporanea e scoordinata, tanto più che finora l'Amministrazione Comunale non ha battuto ciglio. Certo, fa un brutto effetto trovare la strada sbarrata per un'area che ha avuto tanta parte nella storia di questa città nell'ultimo secolo. Vale la pena ricordare che il progetto di riqualificazione delle strutture di Poggio alle Croci è stato oggetto del primo Consiglio Comunale Aperto dell'Amministrazione Buselli. Preceduto da un lungo dibattito all'interno del gruppo “Uniti per Volterra”. Erano i primi mesi dall'insediamento, quando ci trovammo tutti assieme nella sala di urbanistica per parlare del progetto ereditato dall'Amministrazione Bartaloni: consiglieri, assessori e sindaco. L'idea di fondo non ci aveva entusiasmato (il nostro programma elettorale lo conferma), perché la soluzione turistico-abitativa (per gente abbiente) non sembra la più adatta a fornire un ritorno importante alla città, né in termini di posti di lavoro e tanto meno sotto il profilo culturale. Tuttavia in mancanza di alternative sembrò ragionevole prendere in seria considerazione l'ipotesi con le sue eventuali ricadute. A patto che fossero fissate condizioni minime non negoziabili, in linea con gli indirizzi politici annunciati dalla nuova Amministrazione Comunale. La libera accessibilità all'area di Poggio alle Croci fu la principale esigenza che emerse dalla discussione interna, sottolineata da tutti, con le sole eccezioni di un consigliere e dell'ex assessore Fambrini. Le ragioni per mantenere nel futuro libero accesso all'area, quantomeno lungo la strada principale che attraversa il colle, furono passate in rassegna e analizzate diffusamente in molti interventi: dalla memoria storica che lega ancora affettivamente quella zona a gran parte della cittadinanza fino all'esigenza di non far espropriare i volterrani di ben 14 ettari, tra i più pregiati, del loro tessuto urbano. Forse l'assessore Graziano Gazzarri in quell'occasione espresse meglio degli altri i motivi per avvalorare il diritto al libero accesso, sostenendo che, al di là degli interessi economici in gioco e del censo dei destinatari delle future abitazioni, c'era da difendere la dignità dei volterrani, a rischio di essere letteralmente “buttati fuori” da casa propria. Il Consiglio Comunale Aperto che si tenne di lì a pochi giorni confermò che tale esigenza era sentita anche da gran parte della popolazione, che anzi propose ulteriori ragioni di cautela in ordine, per esempio, alla effettiva utilità degli standards urbanistici contemplati nel progetto (parcheggi pubblici e aree verdi). Dopo quell'affollato Consiglio Comunale, la questione Poggio alle Croci fu di fatto presa arbitrariamente in carico per lunghi mesi dal sindaco, senza alcuna formalizzazione e senza giustificazioni ufficiali. Mesi dopo, consumato l'allontanamento di Fambrini, da mezze frasi buttate là da Buselli in particolari occasioni, potevamo facilmente intuire che la posizione del sindaco su Poggio alle Croci fosse alquanto slittata e presentivamo il rischio dell'ennesima marcia indietro. A partire dal principio, concordato a larga maggioranza, del libero accesso all'area. A quel punto di giravolte ne avevamo già viste fare diverse e nessuno si meravigliò troppo per simili segnali. Ma il punto non è quanto sia fugace e mutevole l'opinione di questo sindaco. Il punto è fino a quale limite sono disposti ad adattarsi tutti gli altri. Ancora parecchio? Per quanto tempo ancora?
Fabio Bernardini, Progetto Originario

lunedì 23 gennaio 2012

La Regione appiattita su Solvay

La lettura del verbale della Conferenza dei Servizi tenutasi in Regione il 22 dicembre scorso è sicuramente istruttiva. La riunione era stata convocata per presentare alle amministrazioni locali il percorso individuato dall'Ufficio Valutazione d'Impatto Ambientale regionale per consentire a Solvay lo sfruttamento dei giacimenti di salgemma fino a qualche anno fa gestiti direttamente dalla Salina di Stato. In pratica i tecnici della regione hanno sottoposto alle amministrazioni locali una serie di modifiche all'atto di autorizzazione con cui lo stesso ufficio regionale approvò il progetto di coltivazione dei giacimenti nel 2004 (Del GR 4/2004), dichiarato illegittimo dal TAR della Toscana (sentenze 1048, 1049, 1050 del 3 luglio 2007). La modifica centrale risiede nell'eliminazione della prescrizione che obbligava Solvay a realizzare in località Il Fiorino, nel Comune di Motescudaio, un lago artificiale da poco meno di un milione di metri cubi destinato agli usi civili (progetto Idro-s, parte idropotabile), sostituita dal semplice versamento al soggetto attuatore (Asa spa) di un contributo di 4.650.000 euro per cofinanziare il progetto Puretta. La proposta dei tecnici regionali, anticipata via fax alle amministrazioni locali il 14 dicembre, avrebbe innescato in quella sede una discussione con i rappresentati del Comune di Volterra. Va precisato che la Comunità Montana ed i Comuni di Volterra, Pomarance e Montecatini avevano chiesto di rinviare la seduta del 22 della Conferenza dei Servizi per avere più tempo a disposizione per studiare la proposta, ricevendo un secco diniego dall'ufficio regionale, cosicché la Conferenza dei Servizi è stata celebrata comunque. A noi alcune delle obbiezioni sollevate in quella occasione dai rappresentanti del Comune di Volterra sembrano fondate e ragionevoli. Soprattutto due. 1) E' vero che i problemi sollevati dalle sentenze del TAR non si limitano alla parte idropotabile del progetto Idro-s ma riguardano l'insieme del progetto. Infatti, le sentenze del Tribunale Amministrativo vertono sul presupposto che la realizzazione di tali invasi possa pregiudicare una delle ultimissime falde acquifere di buona qualità rimaste in prossimità della pianura costiera. Tutti i cavi previsti dal progetto Idro-s, non soltanto quello destinato agli usi civili, potrebbero rivelarsi canali di infiltrazione per eventuali inquinanti e quindi elementi di vulnerabilità per la preziosa falda acquifera. 2) Anche a noi risulta che gli effetti della subsidenza indotta dall'attività mineraria siano evidenti anche fuori dalle aree di concessione e che quindi il fenomeno andrebbe monitorato molto più attentamente. Meno ragionevole ci sembrano invece le argomentazioni sollevate dai rappresentanti comunali volte a sovrastimare il fabbisogno idropotabile dell'Alta Val di Cecina, intese probabilmente a mettere in discussione l'attività Solvay presso Saline salvaguardando al tempo stesso la priorità del progetto di Puretta. Evidentemente non è realistico voler salvare capra e cavoli. Il progetto Puretta è ormai strettamente connesso allo sfruttamento delle concessioni minerarie che un tempo furono della Salina di Stato: questo è il chiaro orientamento dell'ufficio VIA regionale, messo nero su bianco sul documento siglato il 22 dicembre. D'altra parte alla stessa conclusione si arriva considerando che Solvay fin dall'inizio del progetto si è proposta come cofinanziatrice del progetto per un importo di 4.650.000 euro. Perché mai una società privata dovrebbe cofinanziare un'opera pubblica? La ragione adesso è evidente: perché così intende superare le prescrizioni regionali della Del GR 4/2004 tese a “compensare” in qualche maniera i gravosi consumi idrici che l'attività estrattiva impone alla Val di Cecina. Siamo quindi giunti al punto di svolta decisivo: se il Comune di Volterra e gli altri Comuni della Val di Cecina desiderano ridiscutere l'accordo Monopoli-Solvay da una posizione politicamente rilevante debbono fermare il progetto Puretta, ormai divenuto il lasciapassare per lo sfruttamento delle concessioni così come previsto dal fatidico accordo del 1996. Quello che decretò la fine della Salina di Stato.
L'argomento è tanto più evidente quanto più è taciuto da quasi tutte le forze politiche coinvolte che, per un verso o per l'altro, sembrano condizionate da interessi particolari che fino ad oggi hanno sovrastato l'interesse generale. Anche in questo frangente purtroppo è risultato del tutto fuori luogo l'atteggiamento dei rappresentanti della Regione, che in conclusione della Conferenza dei servizi del 22, anziché tener conto della contrarietà del Comune maggiormente coinvolto, si sono limitati a decidere d'imperio mettendo ai voti la proposta. Non è questo il modo corretto di affrontare una vertenza così lunga e travagliata e siamo convinti che colpi di mano di questo tipo risulteranno ben presto controproducenti. Evidentemente le sentenze del TAR del 2007 non sono bastate ad insegnare ai tecnici regionali che certe presunte “scorciatoie” portano dritte dritte dentro un ginepraio.

 Progetto Originario, Commissione Ambiente

Partecipazione maschera della propaganda

“E’ necessario ricostruire il rapporto tra elettori ed eletti per richiamare e convogliare tutte le energie disponibili sul territorio (…). Ci poniamo l’obiettivo di cambiare modo di amministrare ricreando le condizioni per una effettiva partecipazione dei Cittadini alla cosa pubblica” . Alla vigilia delle elezioni amministrative del 2009 era questo il nostro impegno nei confronti della città. Si parlava di partecipazione e di democrazia partecipativa, un progetto che non richiedeva alcuna copertura di bilancio ma tanta buona volontà e l’abbandono del vecchio modo di intendere la politica. Per noi era l’unico modo di restituire dignità ai cittadini. “Partecipazione” avrebbe dovuto intendersi in primo luogo fare in modo che il cittadino avesse parte nel processo decisionale e interrompere decenni di “editti” calati dall’alto. Il 2011 è stato un anno esemplare per l'amministrazione Buselli in proposito. I sindacati  ad aprile scrissero di non essere stati neppure invitati ad un incontro prima dell’approvazione del bilancio che vedeva aumenti consistenti di tasse e tariffe. In luglio i  frontisti appresero del declassamento delle  strade comunali e vicinali dalla stampa. In dicembre i dipendenti comunali hanno appreso di essere stati riorganizzati a riorganizzazione avvenuta. Solo tre esempi tra i molti che potrebbero essere citati ma veramente significativi per evidenziare che nulla è cambiato, seppure si usi e si abusi la parola partecipazione. Si noti bene che in alcuni di questi casi il coinvolgimento degli interessati sarebbe stato dovuto per legge, eppure è stato accuratamente evitato. Ma con l'approssimarsi della scadenza del mandato, urge recuperare un'immagine alquanto offuscata: recentemente il Sindaco ha proclamato il 2012 come anno dedicato alla “partecipazione” del cittadino e ne  inaugura l’avvio d attraverso un incontro che “ servirà a ciascun assessore e a me per illustrare la propria azione amministrativa ai cittadini e per ricevere input, proteste, proposte e critiche costruttive. E’ dunque palese l’equivoco: per l’attuale Amministrazione la partecipazione dei cittadini non ha nulla a che vedere con la volontà di riceverne un contributo - vincolante - l’assunzione di decisioni. Si chiede il raduno solo per la celebrazione di decisioni che sono già state prese, facendo assistere il cittadino al rito commemorativo del proprio operare (o presunto tale), concedendogli tuttalpiù il beneficio di muovere qualche critica. Che puntualmente sarà respinta al mittente. Partecipazione come occasione di autopropaganda dunque. Che si aggiunge all’uso massiccio della stampa, dei social network, dei videomessaggi e delle celebrazioni con tanto di nastrino, forbici e fascia tricolore, anche e soprattutto in occasione di emerite sciocchezze. Un esempio magnifico di come si possano ridurre in brandelli le promesse elettorali, buttando quotidianamente fumo negli occhi agli ingenui. Potremmo chiedere ai sindacati, ai frontisti delle strade consorziate o ai dipendenti comunali l’utilità di tali incontri. Loro la conoscono assai bene.
Sonia Guarneri - Progetto Originario

sabato 14 gennaio 2012

Il palazzo di ferro

Trasparenza, palazzo di vetro, condivisione delle scelte sono concetti che questa amministrazione utilizza per propaganda ma che nella sostanza non trovano nessuna applicazione pratica. Anzi, nella realtà ci troviamo sempre più spesso a fare i conti con decisioni arbitrarie, piovute dall'alto, foriere  di conseguenze pesanti e prolungate.

Il nostro compito di consiglieri comunali è anche quello di prevenire eventuali errori dell'amministrazione attraverso l'esercizio del controllo, oltre ad informare i cittadini su situazioni che altrimenti non vedrebbero probabilmente mai la luce.  Per questo motivo la legge italiana garantisce ai consiglieri (di maggioranza e minoranza) piena facoltà di accesso agli atti dell'amministrazione senza limitazioni. La legge e la giurisprudenza chiariscono anche che l'attività di controllo è connaturata nella stessa funzione del consigliere comunale e che, per logica conseguenza, questi non debba giustificare il motivo delle proprie richieste di accesso agli atti. Del resto il principio che garantisce e tutela le funzioni di controllo agli eletti di minoranza è uno dei cardini fondamentali della democrazia.

Tanto più che, per non disturbare il normale svolgimento dell'attività degli uffici, abbiamo sempre cercato di non abusare di tale facoltà . A qualcuno può sembrare il contrario perché al confronto con le opposizioni del passato, l'eseguire verifiche ed accessi agli atti con una frequenza media di una volta ogni 3-4 settimane risulta un ritmo vertiginoso. Ma francamente non lo è affatto. Il punto è che questa amministrazione si dimostra sempre infastidita dal controllo. Lo dimostra il costante ritardo con cui le interrogazioni e le interpellanze trovano risposta, per non parlare dell'evasività e della stringatezza delle spiegazioni. Del resto è accaduto più volte che dipendenti comunali, dopo aver parlato con i consiglieri di opposizione nel proprio ufficio, siano stati prontamente visitati da qualche assessore, curioso di conoscere l'oggetto dell'incontro e allusivo circa i rapporti da tenersi con le opposizioni. Ultimamente, poi, l'amministrazione ha predisposto un curioso modulino per l'accesso agli atti da far sottoscrivere ai consiglieri, che mette in fila una serie di domande e precisazioni in aperto contrasto con la legge. Infatti, i consiglieri comunali non hanno bisogno di fare richiesta scritta e il numero degli atti non può essere stabilito in anticipo dall'amministrazione; essi possono prendere visione di qualsiasi tipologia di atto e  neppure c'è alcun bisogno di motivare la richiesta di accesso, che è funzionale al loro ruolo.  Ma perché tanto fastidio? Di fronte continue iniziative di ostruzionismo sorge spontanea la domanda: non sarà che qualcuno ha qualcosa da nascondere?



Gruppo Consiliare Progetto Originario

lunedì 2 gennaio 2012

Auxilium, una presidenza diversa

La recente nomina del dott. Rocco Damone nel ruolo di Presidente di Auxilium Vitae modifica sostanzialmente la situazione della società e del comparto sanitario volterrano. Abbiamo imparato a conoscere il dott. Damone, prima nel precedente ruolo di direttore sanitario della Asl 5, poi nell'attuale incarico di direttore generale della stessa azienda sanitaria. Non mettiamo assolutamente in dubbio le capacità tecnico amministrative del presidente, ma riteniamo che la sua nomina segni una svolta nel percorso del centro riabilitativo Auxilium Vitae che potrebbe rivelarsi negativa. In primo luogo il dott. Damone    conserva il ruolo di direttore generale della Asl 5, impegno pesante che sicuramente lo assorbirà in misura preponderante in modo tale da non consentirgli di dedicare troppo tempo ed energie ad altri impegni. Va poi considerato il conflitto d'interessi che adesso nasce dal sovrapporre sulla stessa persona il ruolo di principale rappresentante della Asl 5 e allo stesso tempo di Auxilium Vitae. E' vero che la Asl 5 è la principale azionista di Auxilium, ma ciò non significa che i loro scopi coincidano esattamente. Infatti la Asl 5 è contemporaneamente, attraverso le convenzioni stipulate, anche “cliente” di Auxilium e questo rende, almeno in parte, i loro interessi conflittuali. Dunque per lasciar sviluppare correttamente le dinamiche dialettiche tra l'azienda Asl e il centro per le riabilitazioni sarebbe sicuramente meglio che i due soggetti fossero rappresentati da persone diverse. L'altro aspetto per cui ci preoccupa la nomina del dott. Damone sta nel fatto che non sia in alcun modo espressione di questo territorio. L'ex senatore Brunale poteva sentire diversamente la responsabilità del ruolo di presidente di Auxilium, perché vivendo a Volterra  manteneva rapporti e contatti quotidiani con i circa 180 dipendenti del centro. Il dott. Damone vivendo altrove e dovendosi occupare anche di molte altre cose contemporaneamente non può sentire nella stessa misura la sua responsabilità verso tutte le persone che lavorano in Auxilium. Questa circostanza in un così duro e prolungato periodo di crisi non può non preoccuparci.  Damone ha dichiarato che per l'anno in corso la perdita di esercizio di Auxilium sarà sensibilmente inferiore a quella dell'anno precedente (548.000 euro) e vogliamo credergli. Ma temiamo che le difficoltà non siano affatto superate e continuiamo a non sentirci tranquilli. Anche perché le dimissioni di Brunale le interpretiamo come un ulteriore segnale d'allarme. Siamo sempre più convinti di aver visto giusto quando, in settembre, avevamo tentato di convincere il sindaco Buselli ad invitare ufficialmente  in Consiglio Comunale il presidente di Auxilium, in quel periodo era ancora Giovanni Brunale, per illustrare situazione e eventuali difficoltà attraversate dal centro per le riabilitazioni. Qualcuno ricorderà che il sindaco e la sua maggioranza assistita dalla consigliera Bassini, bocciarono la mozione con la nostra richiesta e impedirono che l'invito a Brunale fosse perfezionato. Per questo motivo il Consiglio Comunale, massima istituzione politica locale, continua ufficialmente ad ignorare quanto accada in Auxilium Vitae. Speriamo di non dover apprendere notizie importanti tardivamente e magari dai giornali. Se accadesse fra gli altri dovrebbe risponderne chi si è assunto la responsabilità di rimandare sine die di prendere coscienza della situazione in atto.

Commissione Sanità, Progetto Originario

Saline, Solvay e Puretta

Il giorno 23 mi è stato comunicato che sulla pagina Facebook del sindaco Buselli è apparso un commento critico agli esiti della Conferenza dei servizi tenutasi in Regione il giorno prima sul tema delle concessioni minerarie passate dai Monopoli di Stato a Solvay. Da quanto è dato capire dall'esternazione di Buselli, la Conferenza dei servizi avrebbe modificato i termini della precedente Valutazione d'Impatto Ambientale del 2004, in modo tale da scavalcare la sentenza del TAR della Toscana che un anno fa di fatto congelò lo sfruttamento delle concessioni minerarie denominate “Cecina” e “Poppiano”. Appresa la notizia, ho immediatamente richiesto via e-mail al sindaco Buselli il testo del verbale della Conferenza dei servizi a cui fa riferimento, per poter capire nei dettagli i termini della questione. Al momento in cui scrivo sono passati 5 giorni dalla richiesta e non ho ancora ricevuto risposta. 
Da anni sostengo che nell'interesse della zona vada ridefinita l'attività Solvay in Val di Cecina, partendo da presupposti diversi da quelli attuali. Fino ad adesso la Regione Toscana ha operato in plateale appoggio alla società belga, rinunciando a svolgere un sano ruolo di governo imparziale, a scapito delle funzioni di tutela e garanzia nei confronti del patrimonio ambientale e dei cittadini di questo territorio. Molte altre Amministrazioni Pubbliche seguono la stessa linea. Infatti, il sindaco Buselli ha dichiarato che in sede di Conferenza dei servizi il Comune di Volterra è stato l'unico soggetto istituzionale che si è opposto a dare il via libera allo sfruttamento delle concessioni poste intorno a Saline. Nel caso specifico, però, il sindaco e la Giunta non sono costretti a subire passivamente le decisioni della Regione. Se il sindaco è sincero quando si dichiara contrario allo sfruttamento selvaggio delle concessioni, può ancora far valere lo volontà dell'Amministrazione comunale. Egli, infatti, sa bene che la chiave di volta della situazione è il recente progetto del cavo di Puretta. Solvay e la Regione Toscana intendono sostituire le prescrizioni vincolanti sull'uso dell'acqua previste dal pronunciamento V.I.A. 2004 con l'impegno per Solvay a  cofinanziare il progetto di Puretta. Aggirando a questo modo – non senza qualche forzatura - la sentenza del TAR che oggi ha fermato i lavori in due concessioni su tre. L'Amministrazione Comunale di Volterra ha scritto nero su bianco nel suo programma elettorale che avrebbe cercato in ogni modo di rendere sostenibile lo sfruttamento delle concessioni minerarie presso Saline. Non posso sbagliarmi su questo, visto che ho scritto di mio pugno quella parte di programma. Sulla base degli impegni assunti verso i propri elettori, l'Amministrazione è dunque pienamente legittimata a rimettere in discussione il progetto di Puretta, dato che questo adesso cozza ufficialmente con gli indirizzi politici assunti verso Saline e il territorio limitrofo. Tale progetto, infatti, deve ancora ottenere l'approvazione dell'Ufficio Tecnico del Comune di Volterra. Senza la quale non andrebbe in porto. Dunque il sindaco avrebbe la fortuna di possedere lo strumento idoneo per smontare l'intera impalcatura tecnico-istituzionale che gli uffici della Regione hanno imbastito per consentire a Solvay di utilizzare a pieno regime le concessioni minerarie provenienti dalla Salina di Stato. Bisogna capire ancora se l'Amministrazione Comunale ha intenzione di fare sul serio. Rinunciando ad ascoltare il canto delle sirene di alcuni influenti gruppi di pressione che su Puretta puntano decisamente, per motivi probabilmente diversi dal fabbisogno idrico. In tal caso, troverebbe il sicuro appoggio del gruppo di Progetto Originario. Gli esiti del Consiglio Comunale del 20 dicembre scorso purtroppo forniscono indicazioni diverse. Evidenziano che l'attuale maggioranza è disposta a combattere la battaglia per Saline soprattutto su Facebook e sulla carta stampata. Ogni qual volta è entrata in ballo Puretta, però, il sindaco si è velocemente rimesso in riga. Almeno fino ad oggi.

Fabio Bernardini, Progetto Originario

UN ACCORDO SOFFERTO

Ho appreso con piacere la notizia che finalmente Mondo Nuovo e il S. Chiara hanno raggiunto un accordo per la permanenza dell’associazione a Villa Giardino. Sono lieta, in particolare, che il S. Chiara abbia abbandonato la propria intransigenza e che alla fine si sia trovato un punto di caduta sostenibile. Sono sincera, leggendo i termini generali dell’accordo raggiunto, non vi trovo grosse differenze rispetto quanto proponemmo in Giunta io e Graziano Gazzarri nel 2010. Nella sostanza la sola differenza è che all’epoca si ipotizzava un sostegno da parte del Comune di Volterra sotto forma di risparmio sulle spese di trasporto sociale, coinvolgendo Mondo Nuovo nel progetto “mobilità gratuita”,  finanziato con fondi del Ministero delle Pari Opportunità. Adesso si propone un pagamento diretto di 3.600 euro l’anno da parte del Comune sulla base di progettualità da attivare. Insomma si propone un finanziamento al posto di un risparmio, ma nella sostanza non vedo grosse novità. La differenza semmai sta nella rinuncia da parte di Mondo Nuovo ad ogni rivendicazione sulle somme spese per migliorie sull’immobile, che, detto per inciso, non è cosa da poco. L’accordo, si sa,  è sempre frutto di tante componenti, tra cui l’abbandono di qualche punto a proprio favore, magari anche a causa della stanchezza e l'esasperazione subentrate dopo tanto tempo di trattative contrastate. Questa vicenda, trascinata per un biennio, è stata, a mio avviso, sintomatica della crescente difficoltà di dialogo tra istituzioni, della mancanza di coesione anche tra operatori dello stesso settore e della rinuncia al ruolo di mediatore da parte del Comune, a lungo sostenitore della sola posizione di una delle parti. Quando esperienze come questa si concludono, la tendenza a lasciarsi tutto alle spalle e dimenticare è dettata da un naturale moto di rigetto verso gli episodi spiacevoli e sfibranti che accompagnano contenziosi così aspri. Dovremmo invece tenere bene a mente gli sbagli compiuti per trarre insegnamento su quanto sia inutile tentare di imporre le proprie condizioni sbattendo i pugni sul tavolino. Atteggiamenti autoritari e forzature hanno rischiato a più riprese di mandare all’aria il lavoro positivamente svolto dall’associazione nel corso di molti anni in un settore così delicato come la disabilità. Il settore sociale vive oggi difficoltà crescenti e ogni perdita diviene una ferita quasi impossibile da risanare per carenza di risorse umane ed economiche. E’ soprattutto questa la ragione che dovrebbe far propendere le Amministrazioni verso un atteggiamento cauto e di sostanziale apertura nei confronti dei pochi e preziosi soggetti operanti nel settore al momento del confronto. Del resto mi sono dispiaciuti i toni del recente intervento del Presidente Bacci sulla questione. Se è vero che il Pd non gli ha  concesso neppure il tempo di iniziare a lavorare sul Santa Chiara per muovergli severe critiche, è pur vero che lui ha preso a replicare interpretando il suo ruolo di Presidente sempre più lontano dallo spirito super partes. Anche rispetto alla conflittualità partitica più spicciola. Bacci, quasi fosse un assessore aggiunto dell’amministrazione Buselli, torna all’infinito sulle polemiche, citando le reali ma scontate responsabilità delle passate amministrazioni targate PD (di cui per un certo periodo ha fatto parte anche in ruoli di rilievo). Al tempo stesso sembra, però, aver accantonato le più elementari norme di indipendenza intellettuale con la completa rinuncia ad esercitare qualsiasi senso critico sull’attuale Amministrazione, che sul S. Chiara non è certo immune da errori, anche abbastanza grossolani.
Sonia Guarneri, Progetto Originario