Il Tirreno 27 dicembre 2013 |
Progetto per Volterra è una derivazione del gruppo Progetto Originario, nato dalla scissione della Lista Civica Uniti per Volterra. Si è candidato alle amministrative del 2014. Sarà rappresentato in Consiglio Comunale da Sonia Guarneri.
venerdì 27 dicembre 2013
martedì 24 dicembre 2013
lunedì 23 dicembre 2013
venerdì 20 dicembre 2013
Vietato dissentire
Nel
Regolamento comunale istitutivo della Consulta del Sociale si legge:
“E'
costituita in Volterra la Consulta Comunale del Sociale, con funzioni
consultive, di proposta e di stimolo per gli atti di competenza del
Comune di Volterra nell'ambito delle attività sociali del
territorio”
(…).
Se
l’attuale assessore al sociale Lonzi ha mai letto questo
Regolamento avrà constatato che sono in perfetta coerenza con il
programma elettorale della sua lista civica che si richiamava ai
valori della partecipazione e condivisione delle decisioni. Un
programma che la lista civica, dopo aver conquistato
l'amministrazione comunale, ha calpestato in tutti i modi possibili.
Si legge in quel programma elettorale che fu anche nostro: “E’
necessario ricostruire il rapporto tra elettori ed eletti per
richiamare e convogliare tutte le energie disponibili sul territorio
(…)”; e poco
dopo il testo ribadisce: “l’obiettivo
(è) cambiare modo di amministrare ricreando le condizioni per una
effettiva partecipazione dei Cittadini alla cosa pubblica”.
Chi siede nella Consulta del Sociale ha potuto rendersi conto di
persona, come a suo tempo capitò a noi che sedevamo nella Giunta, di
cosa in realtà pensi il sindaco Buselli (e i suoi attuali accoliti)
della partecipazione e condivisione. La Consulta è stata in questi
giorni più volte riunita per discutere l’andamento dei servizi
offerti dagli sportelli (informagiovani, sportello stranieri e
sportello casa). Nell'unico momento in cui ha potuto esprimersi
all'unanimità ha disapprovato nettamente la proposta
dall’amministrazione riguardante l’affidamento al S. Chiara di
certi delicatissimi servizi finora ben condotti da altre
associazioni, e il sindaco e l’assessore Lonzi hanno subito gettato
la maschera. Nonostante il parere chiarissimo della Consulta,
l'amministrazione Buselli va per la propria strada, e basta!
Qualunque cosa pensino coloro che da anni lavorano e s'impegnano nel
sociale è affar loro. Vaglielo a dire al Sindaco e alla Giunta che i
membri di queste associazioni hanno il polso del disagio dei più
deboli molto più di qualsiasi politico, ti risponderanno con un
sorrisetto di commiserazione. A cosa serve, dunque, una Consulta il
cui parere conta niente per sindaco e assessore al sociale?
Evidentemente doveva servire per ratificare le decisioni prese
altrove. Se avessero detto di sì alla proposta dell'amministrazione,
allora ipocritamente sarebbero state sbandierate ai quattro venti i
magnifici risultati della “condivisione”. Ma dal momento che la
Consulta ha detto di no, allora è stata semplicemente ignorata.
Insomma, partecipazione e condivisione per Buselli sono solo un mezzo
buono per la propaganda, per ben figurare in campagna elettorale o
durante studiati eventi-spot, ma da buttare a mare appena rivela una
seppur piccola diversità di vedute. Ciò che si è consumato in
questi giorni è un altro splendido esempio di vecchia politica,
autarchica e arroccata su se stessa, che non ne vuol sapere niente
del confronto democratico, che interpreta il proprio ruolo in modo
furbastro senza voler rendere conto a nessuno. Si riproducono
esattamente gli stessi difetti che si attribuiscono ai vecchi
partiti. Aggravati dall'ostinato rifiuto a scendere sul piano del
ragionamento, sostituito da un'overdose di arroganza. Per l’attuale
Amministrazione la partecipazione dei cittadini non ha nulla a che
vedere con la volontà di riceverne nuovi contributi per l’assunzione
delle decisioni. Si celebra di volta in volta il rito del raduno,
solo per il gusto della celebrazione di decisioni già prese altrove.
Nel caso attuale, però, si sta veramente buttando al vento il lavoro
di anni, speso per costruire con le associazioni di volontariato e
gli altri organismi no-profit di utilità sociale una indispensabile
rete dei servizi e più in generale il sistema integrato di
interventi e servizi sociali. Il danno è fatto ormai, ci vorranno
anni per rimediare.
Progetto
Originario
Diritti e sanità a picco
Lo
scoop lo ha fatto Paolo Russo, giornalista de La Stampa, che domenica
8 dicembre ha pubblicato l'inedita lista dei piccoli ospedali da
chiudere, già allestita dal Ministero della Salute. Sono 175 nel
Paese, 12 nella nostra Regione e tra questi troviamo il S. Maria
Maddalena, l’ospedale di Volterra a cui sono attribuiti 55 posti
letto. L’articolo è stato ripreso da varie altre testate nei
giorni successivi, che hanno amplificato la notizia dando il via a
una serie di reazioni. Come sempre accade in questi casi, dopo la
pubblicazione della lista nera degli ospedali da chiudere, sono
seguite polemiche, rettifiche e smentite.
Al
di là del solito chiasso, della propaganda e delle
strumentalizzazioni, un punto ci pare evidente: la sanità pubblica
da anni viene progressivamente aggredita, ridimensionata,
disarticolata, secondo un programma generale che da lungo tempo viene
calato dall’alto sulle nostre teste. Il numero delle strutture
pubbliche ed equiparate viene costantemente defalcato, con velocità
impressionante: da 942 strutture che erano nel 1997 su base
nazionale, già nel 2009 erano ridotte a 638. La spesa sanitaria
italiana (la spesa pubblica) risulta ormai del 21% inferiore al dato
complessivo dell’Unione Europea. Naturalmente all’erosione della
sanità pubblica corrisponde l’avanzamento della sanità privata e
molti soggetti economici di primo piano spingono con forza in tal
senso. I tagli hanno condotto il servizio sanitario di molte Regioni
al collasso e non si tratta del solito Mezzogiorno, anche la regione
Lazio è in ginocchio e il Piemonte segue a ruota. Altre Regioni, tra
le quali la Toscana, finora in qualche modo hanno tenuto, ma siamo
ormai al limite.
PD
e Forza Italia su questo tema non sono uguali, ma rivelano comunque
una vicinanza d’intenti assai più spiccata di quanto vogliano far
apparire. Non a caso la lista dei piccoli ospedali da chiudere,
pubblicata pochi giorni fa, è stata elaborata dal governo delle
larghe intese. Chi conserva un briciolo di memoria ricorderà che
poco più di un anno fa, con Monti Presidente del Consiglio sostenuto
da PD, PDL e UDC, saltò fuori la solita ricetta: chiudere gli
ospedali con meno di 100 posti letto perché “costosi e
pericolosi”.
Berlusconi
nel 2008, quando si sentiva ben in saldo sulla sella, lo disse
chiaramente al congresso dei Liberali Popolari di Todi: “Per
diminuire la spesa la soluzione è il federalismo fiscale e la
privatizzazione di molti ospedali pubblici”. Con quale credibilità
il neonato circolo volterrano “Forza Italia, Forza Silvio” può
dirsi difensore della sanità pubblica in Toscana? E' un mistero.
Poi, va da se, che il solito, inveterato gioco delle parti consista
nel cavalcare il malessere a Regioni alternate, per raccattare
comunque il voto degli sprovveduti: il PD s’indigna per i tagli
alla sanità in Piemonte e in Lombardia, mentre il centrodestra si
straccia le vesti per la medesima ragione in Toscana e in Emilia.
Quanto a Renzi, al 42° posto nei suoi famosi 100 punti programmatici
della Leopolda (qualcuno li ha letti?), si afferma testualmente:
“chiudere gli ospedali con meno di 100 posti letto”.
Il
quadro, dunque, per chi ha ancora una testa per pensare è chiaro e
allarmante: ormai siamo al limite ma questi partiti non se ne danno
per intesi. Se in una famiglia a medio-basso reddito qualcuno oggi si
ammala di un morbo grave e cronico, al disastro in termini di salute
si aggiunge il tracollo economico per tutto il nucleo familiare.
Segnaliamo a questo riguardo la bella inchiesta condotta Michele
Farina sul Corriere.it relativa ai malati di Alzheimer e ai loro
familiari, in cui è illustrata in 4 puntate l’odissea a cui sono
sottoposte oggi circa un milione di famiglie in Italia, quasi
nell'indifferenza delle istituzioni. Di queste cose bisogna
ricominciare a ragionare, senza farsi incantare dai professionisti
dallo slogan facile. E serve anche una politica diversa da quella che
più o meno furbescamente ci stanno proponendo da oltre 20 anni, che
torni a parlare di diritti dei cittadini, di ripartizione del
benessere e di riduzione delle disuguaglianze.
Progetto
Originario
La strada che sprofonda
La
scorsa settimana, durante una sola notte, comparve l'ennesima,
profonda buca sulla strada di Santo Stefano. Non un semplice
avvallamento dell'asfalto ma proprio una fossa, profonda circa 60cm
che inghiottì immediatamente un pezzo di asfalto grande quanto la
ruota di un'automobile. Il fenomeno non è nuovo, all'inizio estate
nel giro di poche settimane si aprirono improvvisamente due voragini
quasi all'altezza del circolo Arci La Punta. La causa dello “strano”
fenomeno è chiara da tempo sia agli addetti ai lavori che ai
residenti. La fognatura passante al di sotto della strada è ridotta
un colabrodo e le acque nere, disperdendosi abbondantemente in più
punti, lavorano sotto l'asfalto portando via progressivamente sempre
più il terreno, finché anche lo strato di bitume soprastante cede
di schianto, scoprendo buche profonde oltre mezzo metro nel terreno
sottostante.
Finora,
per quanto ne sappiamo, nessuno si è fatto del male e nessun mezzo è
ancora inavvertitamente incappato in queste “trappole”, ma è
chiaro che il rischio è concreto e subdolo. Può bastare infatti la
minima di distrazione del conducente perché un motorino o
un'automobile centrino col pneumatico la buca di oltre mezzo metro
invisibile fino al giorno prima per incappare conseguenze davvero
poco simpatiche.
Dunque,
rattoppare il singolo buco come è stato fatto finora non incide sul
problema di fondo, che può essere realmente affrontato solo mettendo
mano a questo ramo della pubblica fognatura nel suo insieme, ormai è
vetusto e irrimediabilmente fatiscente. La questione è urgente
perché trascurando ancora il problema c'è il rischio che, prima o
poi, compaiano oltre ai dissesti stradali anche conseguenze
igienico-sanitarie dovute al continuo sversamento dei reflui fognari
non depurati.
Chi
passa da S. Stefano solo una volta ogni tanto probabilmente non ha
l'esatta percezione del problema, però, chiunque nota che la strada
si presenta ormai sconnessa da cima a fondo e penosamente piena di
rattoppi. Tanto è vero che spesso la questione viene sollevata per
ragioni di viabilità. Lo scorso novembre un cittadino tornò ad
evidenziare le cattive condizioni in cui versa la strada,
approfittando di un social network, per la precisione di “Radio Web
Volterra”. Prontamente arrivò sul web la rassicurante replica del
membro di zona del Consiglio di Sorveglianza Asa, Marcello Cinci, che
in poche righe annunciò testualmente l'imminenza: “a brevissimo di
un importante intervento di manutenzione delle fogne da parte di Asa
con la partecipazione del Comune per la rimozione della causa e la
sistemazione stradale”. Dato che l'affermazione in termini così
netti proviene da fonte qualificata interna ad Asa, vogliamo sperare
che non si tratti di uno dei mille e più annunci sparati a vuoto in
questi ultimi anni sia dal Comune di Volterra che da Asa. Tuttavia,
anche alla buca della scorsa settimana è stato risposto riproponendo
il solito metodo del rattoppo, mentre aspettiamo ancora l'intervento
finalmente risolutivo annunciato “a brevissimo”.
Progetto
Originario
giovedì 19 dicembre 2013
venerdì 13 dicembre 2013
Effetto domino
Negli
ultimi tempi è balzata agli onori della cronaca la riorganizzazione
dei servizi sociali offerti dai cosiddetti sportelli, in maniera
particolare dello Sportello Informagiovani e dello Sportello
Stranieri. Negli anni scorsi la scelta dei 4 comuni della Alta Val di
Cecina cadde su una gestione associata con un unico gestore per tutta
la zona, scelto tra le associazioni di volontariato o del terzo
settore. Questa tipologia di organizzazione ha avuto il vantaggio di
limitare le spese, offrendo una gestione omogenea del servizio per
tutto il territorio. Dal 2009 ad oggi si sono tuttavia susseguite
molteplici frizioni politiche tra i quattro comuni dell'Alta Val di
Cecina e con esse abbiamo assistito al tramonto delle politiche di
zona, in favore di “scelte particolaristiche”. Volterra e
Castelnuovo hanno deciso di stare insieme nella gestione associata
dell'urbanistica e dei servizi scolastici mentre Pomarance,
Montecatini e Monteverdi hanno formato l’Unione dei Comuni
ereditando le deleghe della estinta Comunità Montana più altre
gestioni associate. Un esempio significativo degli effetti deleteri,
almeno per il Comune di Volterra, di queste scelte è proprio la
gestione degli sportelli. Lo sportello Informagiovani di Volterra è
stato affidato dal 2012 al S. Chiara. Il costo per il 2013 è
previsto in € 16.577 contro una spesa nel 2010 era di circa €
5.700. Pomarance, invece, che nel 2010 spendeva circa € 1.200
quest’anno non spenderà nulla perché ha aderito al progetto
regionale GiovaniSì, aprendo un nuovo Infopoint e ricevendo un
finanziamento di € 10.000. Veniamo poi alla qualità dei servizi
erogati. Fino al 2010 l’Informagiovani oltre all'apertura fisica al
pubblico era dotato di un portale informatico dedicato ai giovani
attivo sull’intera Valdicecina, assai utile visto che i ragazzi
sono naturalmente più a loro agio con questo strumento. Oggi
l’ufficio Informagiovani di Volterra non ne ha più, mentre
Pomarance, in virtù della sua adesione al progetto GiovaniSì, ha un
suo portale nuovo di zecca aggiornato e moderno. Infine, merita un
cenno il drastico calo dell'utenza, logica conseguenza
dell'impoverimento del servizio. L’ultima relazione risalente alla
gestione associata, curata dal precedente gestore, del marzo 2010,
riferisce di 2.954 contatti da parte degli utenti in un anno nella
sola Volterra. La relazione del 4 aprile 2013 del nuovo gestore (S.
Chiara), riferisce che solo 3 o 4 persone si presentano allo
sportello per ogni apertura. Un breve calcolo matematico….e si può
concludere che essendo aperto 3 volte la settimana, i contatti sono
precipitati a 627 all'anno. Per un calo del 450% circa! Nonostante i
numeri evidenzino quindi il fallimento della scelta fatta dal Comune
di Volterra, sia in termini economici che di servizio, di recente si
è proposto di replicare l’esperimento con lo sportello immigrati.
Ufficio evidentemente molto delicato per la natura delle pratiche di
cui si occupa e anche per la situazione particolare degli utenti.
Dopo un tentativo inascoltato esercitato dalle minoranze in Consiglio
Comunale, sono intervenute le associazioni del settore sociale
riunite nella Consulta a stoppare l’iniziativa del duo
Buselli-Lonzi. La discussione non è stata pacifica, tanto che sono
arrivate perfino le dimissioni del Presidente della Consulta,
Pierluigi Dei, persona molto sensibile ai problemi del sociale e di
norma poco incline ai gesti clamorosi. Nonostante ciò la questione
rimane comunque sempre aperta e dagli esiti incerti. Ma perché
l’amministrazione comunale pur messa di fronte al fallimento delle
sue scelte dimostra di voler insistere ancora nell'errore? La
risposta è chiara. Perché nell'affidare un servizio
l’amministrazione non ragiona pensando a cosa è meglio per
l’utenza, ma è tutta concentrata sul soggetto al quale desidera
indirizzare i denari previsti per quell’affidamento. Così facendo
svilisce e depaupera servizi che richiedono adeguata
specializzazione, e non fa del bene neppure al S. Chiara. Perché
affidando all'azienda piccole mansioni di poco prezzo che oltretutto
non sa svolgere, finisce per disperdere in rami improduttivi le
energie dei suoi dipendenti, senza restituirle benefici economici
apprezzabili. Servirebbe, invece, concentrare le forze disponibili su
progetti di peso e credibili, vicini alla vocazione tradizionale
dell'azienda. Procedendo come ha fatto finora, cioè affrontando i
problemi d’impeto e senza il minimo discernimento,
l’amministrazione produce un effetto domino. Ovvero butta nel gorgo
della sua azienda in profonda crisi tutta una serie di altri servizi
sociali finora efficienti, finendo per demolirli uno ad uno. Senza
aver minimamente contribuito ad arrestare l’emorragia di bilancio
di un S. Chiara in perenne crisi economica.
Progetto
Originario
venerdì 6 dicembre 2013
La scuola dei creativi
La
storia della chiusura della scuola di Villamagna si arricchisce di
settimana in settimana e porta alla luce nuovi risvolti. Apice della
vicenda la delibera di Giunta del 5 novembre 2013, nella quale viene
inserita la scuola tra le strutture colpite dall'alluvione del 24
ottobre. Decisione discutibile per non dire anomala, perché quel
giorno nella frazione l'acqua caduta è riuscita a malapena a bagnare
il terreno. Pochi giorni dopo, come consiglieri comunali di PO,
abbiamo effettuato un accesso agli atti per visionare eventuali
documenti tecnici su cui poggiassero le reali motivazioni della
chiusura, chiedendo al funzionario responsabile del settore tecnico
di prendere visione di tutta la documentazione sulla scuola. Ci venne
fornito un elaborato con alcune schede per il monitoraggio statico
degli elementi non strutturali della scuola di Villamagna datato
luglio 2009. Il documento segnalava alcune possibili criticità e la
necessità di un approfondimento per “la conoscenza meccanica del
paramento murario portante”.Considerato che al 31 dicembre 2010 le
amministrazioni pubbliche avrebbero dovuto effettuare puntuali
verifiche sismiche sugli edifici pubblici strategici, abbiamo chiesto
al funzionario anche gli studi eseguiti per adempiere a quel
dispositivo di legge. Ci venne risposto che non era stato fatto
nient'altro e che tutto il materiale disponibile consisteva in quello
studio preliminare di monitoraggio che ci aveva appena consegnato.
L'intervento
che scrissi per la stampa un paio di settimane fa in proposito della
scuola di Villamagna ovviamente prendeva le mosse da quella risposta
che ricevemmo dal responsabile dell'Ufficio Tecnico. La settimana
successiva, però, su questo settimanale mi rispose l'ex dirigente
del comune, l'ing. Luigi Bianchi, sostenendo, contrariamente a quanto
affermato dal funzionario attuale, che l'incarico per le verifiche
sismiche non solo era stato affidato ma che erano stati fatti anche
studi più approfonditi, che le scuole erano state tutte schedate e
che i documenti erano in possesso dell'amministrazione tra la fine
del 2010 e l'inizio del 2011. Siccome ho sempre apprezzato la
gestione dell'ufficio tecnico da parte dell'ing. Bianchi, sapendo che
non avrebbe mai scritto una cosa per un'altra, sono ritornato assieme
ai colleghi del gruppo in Comune per dirimere una volta per tutte la
questione. Non senza difficoltà siamo riusciti a reperire il
materiale di cui parlava Bianchi nel suo intervento: i documenti ci
sono e l'ex dirigente aveva ragione. Allora delle due l'una: o il
funzionario responsabile dell'ufficio tecnico non conosce la
documentazione a sua disposizione, oppure ha evitato volontariamente
di mostrarci i documenti richiesti. A voi la risposta, tenendo conto
che nella seconda fattispecie l'espressione tecnica da impiegare
sarebbe “omissione di atti d'ufficio”.
La
vicenda si è complicata ulteriormente quando abbiamo appreso che la
scuola di Villamagna, oltre ad essere stata segnalata dalla Giunta
tra le strutture danneggiate da un'alluvione che lì non è arrivata,
veniva chiamata in causa utilizzando la sua chiusura straordinaria
come giustificazione dell'esproprio urgente dei terreni destinati al
futuro asilo nido previsto in località L'Ortino (quale sia il nesso
logico tra un asilo nido e una scuola dell'infanzia è un mistero
ancora da sciogliere). In sintesi, verrebbe da pensare che
l'amministrazione comunale abbia provato a intercettare i fondi
destinati a chi è stato realmente colpito dall'alluvione per sanare
una scuola che sapeva da tempo essere strutturalmente vulnerabile,
per consolidare la quale nulla ha fatto in 4 anni. Dulcis in fundo
adesso vorrebbe perfino utilizzare la chiusura della scuola per
forzare i tempi di un cantiere che poteva essere regolarmente aperto
programmando meglio i lavori di un progetto approvato da oltre un
anno, mettendo così seriamente a rischio il finanziamento regionale
per l'asilo.
Entrare
a gamba tesa nella vita di 30 bambini, costringendoli a lunghe
trasferte quotidiane, è un aspetto che preferisco non commentare per
evitare di aggiungere altre spese legali a carico dei cittadini.
Comunque si tratta di un
bell'esempio di amministrazione “creativa”, ovvero quando
l'improvvisazione sostituisce impegno e competenza.
Luigi
Cocucci, Progetto
Originario
Il confronto e lo scontro
Sono
condivisibili le ragioni della manifestazione che si svolgerà a
Firenze sabato 7 dicembre in difesa della sanità e per il diritto
alla salute. Da anni, a fronte della contrazione delle risorse
economiche disponibili, le scelte nella riorganizzazione di tutti i
servizi più essenziali stanno andando nella direzione del
progressivo accentramento dei punti di erogazione, accompagnato della
contrazione dei servizi e dall'introduzione di tickets e prestazioni
a pagamento. In questo complesso processo di revisione del sistema
sanitario vi sono indubbiamente fattori di penalizzazione delle zone
più periferiche, che progressivamente stanno perdendo servizi sia in
termini di numero di prestazioni che di qualità.
Il
tema della sanità a Volterra è un tema di grande importanza per il
ruolo centrale che il nostro presidio ospedaliero svolge per la zona.
E' indubbio che la politica dei tagli si è abbattuta anche qui da
noi, basti ricordare quelli più recenti: dal 2009 ad oggi abbiamo
perso il punto nascita e la pediatria, abbiamo subito il forte
ridimensionamento del laboratorio analisi e l’accorpamento forzato
di cardiologia a medicina. Riorganizzazioni subite nonostante che il
sindaco ci rassicurasse annunciando la firma di volta in volta o di
un protocollo o di un patto territoriale salvifico.
In
materia di sanità dobbiamo constatare purtroppo il fallimento sia
della politica remissiva del passato che di quella propagandistica e
strillata del presente. Probabilmente è sempre mancato, sia prima
che adesso, un confronto serio con la Regione cercando mirato a
trovare un punto di incontro tra le esigenze delle parti.
Negli
ultimi 4 anni non vi è stato un solo momento di confronto leale su
questa materia così delicata. Perfino il tentativo di aprire un
dialogo con l’Assessore Regionale Marroni in sede consiliare,
richiesto all’unanimità da tutte le forze politiche, è sfumato
prima ancora di cominciare per dare libero sfogo alla smania di
visibilità del sindaco. Si è preferito organizzare un’iniziativa
di protesta con tutte le associazioni, le amministrazioni colpite
dalla riforma e un folto drappello di consiglieri regionali eletti
con la lega nord, anziché portare a compimento almeno un tentativo
di confronto tra le istituzioni della Val di Cecina col nuovo
assessore alla sanità in Regione. Per un giorno il titolone sul
giornale è stato conquistato, ma desolatamente solo quello. Sprecata
la prima, non c'è stata una seconda occasione di confronto.
La
rinuncia in partenza da parte dell'amministrazione comunale al
proprio ruolo istituzionale, preferendo sempre giocare su due tavoli,
ha prodotto i risultati fallimentari che abbiamo sotto gli occhi. Si
protesta ma allo stesso tempo si firmano gli accordi con la Asl; si
proclama di aver salvato l’ospedale, per poi sfilare pochi giorni
dopo con la fascia tricolore alla manifestazione contro i tagli. Da
anni viene portato avanti un comportamento ambiguo che da un lato
insospettisce chi crede nelle ragioni della protesta e dall’altro
priva il sindaco e l'amministrazione comunale di qualsiasi
credibilità politica con i suoi interlocutori istituzionali.
Dunque,
nonostante evidenti strumentalizzazioni da parte dei partiti della
destra, quest'ultima protesta è legittima e giustificata. Ma è
indubbio che, se vogliamo ottenere qualche risultato concreto per la
zona, occorre anche e prima di tutto riconquistare il credito che
l'amministrazione comunale ha perso durante questi anni.
Progetto
Originario
Flessibili, infiammabili
Quanti
giorni di attenzione potranno dedicare i media ai sette morti nel
rogo dell'azienda tessile di Prato? Trenta secondi al giorno per
cinque o sei giorni, forse. Una milionesima parte del tempo dedicato
alla decadenza di Berlusconi dal suo seggio in senato, mille volte
meno del tempo dedicato ad un goal di Kakà, cento volte meno del
giubbotto di pelle di Renzi e indubbiamente molto meno tempo di
quello dedicato a Dudù, il cagnetto che scorrazza nei corridoi di
palazzo Grazioli. Un secolo fa - ma erano altri tempi - un altro
incendio, avvenuto in un'altra fabbrica tessile, a New York, divenne
un caso internazionale da cui presero avvio nuove leggi sulla
sicurezza sul lavoro e fornì lo slancio per una più solida
coscienza sindacale, tanto che la sua ricorrenza è ancora ricordata
in gran parte del mondo come festa dei lavoratori, ogni primo maggio.
Di
sicuro erano altri tempi, i diritti erano in fase di espansione,
andavano diffondendosi le idee socialiste e molti giornalisti avevano
coscienza del proprio ruolo nella formazione della nascente
“opinione pubblica delle nazioni”.
Oggi,
invece, i giornali sono in mano ai principali gruppi economici e
bancari e così i giornalisti che vi lavorano, i diritti delle
persone vengono continuamente erosi e l'unico credo politico
universale è il pensiero unico del grande capitale. Un credo a cui
fa comodo lo svilimento più barbaro del lavoro. Più crescono
disperazione e miseria nel mondo, migliori sono le condizioni a cui
possono attingere forza lavoro. Chi non ha diritti può solo svendere
se stesso, il suo tempo, la sua salute, la sua sicurezza. Le persone
che sono morte bruciate nel rogo del capannone di Prato sono
lavoratori ideali. Tanto flessibili da rimanere sul posto di lavoro
giorno e notte per un compenso da fame, in attesa di riscattare il
costo del proprio viaggio della speranza e della propria libertà,
che forse un giorno arriverà. Non credo che si tratti di realtà
ignote alle autorità. L'azienda in questione era iscritta alla
camera di commercio ed è solo una delle tante: circa 5.000, solo
nella provincia di Prato. Quando si vuole i controlli si riescono a
fare, un ristorante dopo l'altro, un bar dopo l'altro, in cerca di
un bagno senza antibagno, di un piano di lavoro di un metallo che non
sia acciaio inox, di un'ombra di polvere sopra il frigo. Non si
vedono solo perché non si vogliono vedere intere zone industriali,
con capannoni estesi per migliaia di metri quadrati e soppalchi
suddivisi in loculi come alveari, dove dormono gli schiavi dei nostri
giorni. Perché questo tipo di lavoro è il nuovo modello che
funziona a cui dobbiamo tendere, generatore di ricchezza per pochi e
sottomissione per molti. E' la benzina che già da anni manda avanti
il settore della moda italiana, anche quella di extra lusso. E quei
lavoratori cinesi così docili, flessibili, disperati sono un modello
anche per tanti dei nostri, che “vivono al di sopra delle loro
possibilità”. Peccato solo s'ostinino a rimanere infiammabili.
Neanche fossimo ai primi del '900.
Fabio
Bernardini, Progetto Originario
martedì 3 dicembre 2013
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