venerdì 14 febbraio 2014

Acqua pubblica e affari privati

Il presidente di Asa, Fabio Del Nista
Il 6 febbraio Il Tirreno (cronaca di Livorno) ha riportato un'interessantissima intervista al presidente di Asa, Fabio Del Nista. Questa volta Del Nista non ha risparmiato critiche a Iren, il socio privato che detiene il 40% delle quote e la governance di Asa (ha due voti su tre in consiglio, oltre all’amministratore delegato). Iren di recente è stata quotata in borsa e da giugno 2013 ha come presidente l’ex ministro, Francesco Profumo. Del Nista si è lamentato di non essere stato minimamente informato dal socio privato delle proprie strategie aziendali. Il presidente di Asa, infatti, ha dichiarato polemicamente al giornale: “questi signori fanno fusioni, vanno in borsa. Eppure, si fosse fatto vivo qualcuno... Certo: c’è l’amministratore delegato. Ma le linee guida di Iren, nei confronti di Asa, non sono per niente chiare”. Del Nista aggiunge altre considerazioni critiche sulla scarsa collaborazione prestata ad Asa dall'azionista privato e infine sbotta direttamente: “ho l’impressione che di noi non gliene freghi nulla”.
Poi il presidente sorprendentemente dichiara: “Se la società fosse al 100% pubblica, per me sarebbe una passeggiata. Invece col socio privato c’è un confronto quotidiano: a volte è mediazione, altre volte un braccio di ferro”.
Simili dichiarazioni confermano che rispetto alla gestione dell'acqua la politica nazionale e locale continua a produrre disastri su disastri. La commistione tra pubblico-privato, inaugurata proprio dalla Regione Toscana più di 10 anni fa, ha dato risultati fallimentari. Perfino il presidente di Asa non può più nasconderlo e preso dallo sconforto si sfoga sul quotidiano locale. Eppure, nonostante l'evidenza di un fallimento annunciato, nonostante l'esito del referendum del 2011, Pd e Forza Italia insistono nel difendere lo status quo a qualsiasi costo.
Nella stessa intervista Del Nista non ha risparmiato critiche neppure all'Aeeg, l'Autorità che da un anno è stata incaricata di occuparsi delle tariffe dell'acqua oltre che al gas e all'energia elettrica. Afferma infatti: “in Aeeg si occupano da sempre di energia e gas, poi d’un tratto cominciano a gestire l’acqua. Questi non sapevano nulla e continuano a non sapere nulla in merito. Pensano che la tariffa dell’acqua sia uguale al Polo Nord come nel Sahara. Hanno inventato un metodo di definizione della tariffa cervellotico, basato su formule algebriche, che di fatto sta bloccando gli investimenti”.
Dunque, se tutto va male, se gli strumenti adottati e le autorità incaricate non funzionano, perché non tornare alla gestione diretta degli acquedotti da parte di consorzi di comuni? La risposta non può stare che nella difesa della sovrastruttura partitocentrica costruita negli anni attorno a questi enti. E' costosa, ingestibile, inefficiente, ma tiene in vita una vasta rete di sottogoverno indispensabile per una politica concepita soprattutto come occasione di spartizione di posti.


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