domenica 28 ottobre 2012

Carta velina



Fare il pieno alla propria auto prelevando i soldi dal conto corrente del Comune con la tessera carburante in dotazione all'auto istituzionale non si configura come un mero “errore procedurale”, come il sindaco vorrebbe far credere nel disperato tentativo di puntellare la sua maggioranza. Si tratta di un vero e proprio illecito. Lo abbiamo già detto e lo ha riconfermato a chiare lettere anche il comunicato diramato di recente dalla Rsu del Comune.
Basti dire che episodi identici a carico di dipendenti comunali rientrano in quella cerchia ristretta di casi considerati motivo sufficiente per giustificarne il licenziamento in tronco. Infatti, le cronache dei giornali in questi ultimi anni hanno registrato vari episodi di dipendenti pubblici licenziati su due piedi per essere stati pescati a far benzina nella propria auto con la carta carburanti prelevata da un'automobile di proprietà dell'amministrazione. Spesso oltre al licenziamento sono arrivati sul capo del dipendente infedele anche vari capi d'accusa, tra i quali l'appropriazione indebita, il furto aggravato e, nei casi peggiori, la truffa. Se questo è il prezzo che è costretto a pagare un semplice lavoratore per aver commesso un simile errore, non può essere che un amministratore non debba risponderne. Dal punto di vista morale, anzi, il caso dell'amministratore appare più grave. Perché il dipendente risponde solo di sé stesso, mentre l'amministratore occupa il proprio posto in rappresentanza della comunità dei cittadini. Quindi dovrebbe essere ben più responsabilizzato di un qualsiasi tecnico comunale.
Si tratta di cose ovvie che non si dovrebbero neppure ribadire, se non fosse per l'inammissibile contegno esibito nella circostanza dai nostri amministratori. Saltato il tappo al caso “benzinopoli”, ben documentato e circostanziato, la reazione del sindaco e della sua maggioranza è stata quella tipica della peggiore politica nazionale: arroccamento difensivo, scuse puerili e toni minacciosi verso tutti coloro che hanno contribuito a scoperchiare la pentola. Mentre la sola scelta dignitosa starebbe in una reale assunzione di responsabilità. Chi ha sbagliato si dimetta e lasci l'amministrazione, per salvaguardare almeno la credibilità del Comune di Volterra e il suo buon nome di istituzione vicina ai cittadini. E' l'unica scelta corretta in simili casi. Se poi l'interessato non dovesse provvedere in prima persona a cautelare la credibilità del Comune, allora occorrerà che si muova il sindaco pretendendone le dimissioni.
Poi va da sé che l'indagine farà il suo corso e la magistratura deciderà nei dettagli, entrando in un merito che alla politica non compete. A chi amministra dovrebbero bastare le gravi inadempienze emerse e la dimostrata inadeguatezza nella gestione della cosa pubblica per decidersi ad abbandonare il governo del Comune. Per assumersi la propria responsabilità politica, basta e avanza.
Certo, sappiamo che è di moda rifuggire le proprie responsabilità per delegare tutto alla magistratura, confidando segretamente nella lentezza della giustizia italiana. Ma sono scuse di carta velina, che alimentano un gioco allo sfascio che non ci possiamo assolutamente più permettere. Ormai è sotto gli occhi di tutti: l'Italia è tanto malmessa anche a causa di una classe politica in pieno degrado, che schiva le proprie responsabilità tutte le volte che può. Almeno qui a Volterra, in questa piccola comunità in cui gli interessi in gioco sono più limitati, cerchiamo di dimostrare che un vago senso del pudore ancora resiste. 

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