Ogni due o tre anni, quando
arriva l'estate, in Val di Cecina si ripropone la crisi idrica con
razionamenti, scambi di accuse, polemiche. La situazione in realtà non è così
complessa come talvolta risulta dalle dichiarazioni di alcuni amministratori.
Proviamo a fare chiarezza. Da alcuni decenni abbiamo meno disponibilità d'acqua
in Val di Cecina a causa di progressive fluttuazioni del clima, ma soprattutto
per il depauperamento degli acquiferi fluviali (i principali acquiferi della
nostra zona) causato dall'ingentissima
escavazione di ghiaie protrattasi fino agli anni '80. Inoltre, in alcune
zone dobbiamo fare i conti anche con la scarsa qualità dell'acqua, contaminata
da vari elementi nocivi alla salute (boro, arsenico, mercurio, nitriti, ecc). A
noi sembra chiaro che, in una simile situazione, i pochi acquiferi di buona
qualità rimasti, come quelli posti presso il torrente Trossa o presso la
località Il Fiorino, andrebbero destinati esclusivamente all'uso idropotabile.
In un paese civile la popolazione non dovrebbe disporne per un'occasionale,
gentile concessione di una multinazionale, ma in forza di una legge che
privilegi gli usi civili dell'acqua. Guarda caso in Italia questa legge c'è: è
la legge Galli, che antepone in modo inequivocabile l'impiego idropotabile a
quello industriale. E' vero che in genere Solvay è più abile nelle ricerche
d'acqua di Asa, e arriva sempre prima con i suoi pozzi laddove si trovi un buon
acquifero. Ma quando la risorsa scarseggia, la priorità d'uso debbono prevalere
sul criterio cronologico. Dobbiamo sempre sottolineare che in Val di Cecina il
grosso dell'acqua è prelevata per usi industriali: soltanto dai pozzi Solvay
localizzati presso la Cacciatina è indirizzato alle miniere del sale un quantitativo
d'acqua circa triplo rispetto al fabbisogno per usi civili di tutta l'alta Val
di Cecina. Non si può affermare, come talvolta si sente dire, che prelevando
acqua dalla Cacciatina vengono impoveriti anche i pozzi per uso potabile di
Puretta. Però è curioso sentire l'assessore provinciale Picchi sostenere che
l'acqua della Cacciatina non è adatta per l'uso potabile e dunque può essere
tranquillamente prelevata dall'industria di Rosignano. Così come accade oggi,
cioè per milioni di metri cubi all'anno. Dimentica, l'assessore, che quella
stessa acqua va (nella piccola parte che sfugge al prelievo Solvay) a ravvenare
(col boro e tutto il resto) gli acquiferi di molti pozzi ad uso potabile che si
trovano nella media e bassa Val di Cecina, dove le stagioni siccitose non fanno
meno male. Si chieda ai Comuni di Guardistallo, Montescudaio e Cecina. Ovvio
che, in una simile situazione, sia Asa che le amministrazioni pubbliche non
possono più esimersi da investire nel recupero degli acquedotti esistenti, che
ad oggi perdono per strada circa il 39% della risorsa. Per aggiustare tutto
servono molti fondi, ma bisogna pur cominciare da qualche parte. Per esempio,
noi inizieremmo dall'acquedotto delle Carline, che da troppi anni non porta più
acqua a Volterra a causa di una frana mai sistemata. Occorre poi acquisire
velocemente da parte degli enti pubblici quei laghetti della zona di Pomarance
e Radicondoli, più di una volta impiegati nelle situazioni di emergenza. Si
tratta di interventi urgenti, da attivare subito, per non dover tornare a
stracciarsi le vesti la prossima estate.
Ribadita con forza, come da
legge, la priorità dell'uso idropotabile, dovrebbero essere ricercate ulteriori
fonti di approvvigionamento per l'industria. L'idea più ovvia è quella di un
dissalatore per poter impiegare, almeno nei processi di Rosignano, acqua di
mare anziché acqua del Cecina o di falda. Ma potrebbe essere valutata anche
l'ipotesi di altri laghi artificiali, individuati sulla base di un'analisi
comparata a scala di bacino. Il precedente per una simile analisi esiste (Raggi
e Bicchi, 1985), fu commissionato dalle province di Pisa e Livorno e resta il
lavoro di pianificazione più serio tra quelli pubblicati sul nostro territorio
in materia di recupero di risorse idriche. Pianificare significa, infatti,
scegliere progetto e sito, attraverso la valutazione di molteplici fattori
oggettivi (tempi di realizzazione, costi, impatto ambientale, quantità
invasate, qualità della risorsa, ecc.). Questo è il punto debole dei progetti
di laghi presentati fino ad oggi, per ultimo quello di Puretta. Un sito posto a
stretto contatto con la riserva naturale di Berignone e con l'ansa di Masso
agli Specchi. Così vicino all'omonimo campo dei pozzi per uso acquedottistico
da mettere a rischio la qualità della risorsa. Da molti ritenuto un progetto
macchinoso e irrazionale. Come si fa a pretendere di realizzare un invaso
scavando una buca di 14
ettari per una profondità di 24m? Da nessuna parte al
mondo verrebbe presa in considerazione una simile idea, per i lunghi tempi di
realizzazione, l'ingente spesa, l'eccessiva e irragionevole movimentazione di
terreno. Dovunque servano invasi, vengono ottenuti realizzando sbarramenti su
valli (in terra o in cemento). Chiediamo, quindi, alle amministrazioni
competenti di impiegare bene i prossimi mesi invernali: acquisendo i tre
laghetti posti in alta Val di Cecina (già impiegati in casi di crisi);
riparando l'acquedotto, a cominciare dalla linea delle Carline nel settore di
Zambra; riprendendo lo studio comparato sulle valli della zona, da cui
scegliere la più adatta alla realizzazione di un lago artificiale.
Ben sapendo che per giungere ad
una soluzione stabile, servirà anche – prioritariamente - una nuova fase di
negoziazione con Solvay, per ridefinire gli usi idrici complessivi in Val di
Cecina. Ma per avviare sul serio una simile trattativa, occorre sgombrare prima
il campo dal progetto Puretta.
Progetto Originario -
Commissione Ambiente
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