venerdì 5 ottobre 2012

Alla prossima crisi idrica



Ogni due o tre anni, quando arriva l'estate, in Val di Cecina si ripropone la crisi idrica con razionamenti, scambi di accuse, polemiche. La situazione in realtà non è così complessa come talvolta risulta dalle dichiarazioni di alcuni amministratori. Proviamo a fare chiarezza. Da alcuni decenni abbiamo meno disponibilità d'acqua in Val di Cecina a causa di progressive fluttuazioni del clima, ma soprattutto per il depauperamento degli acquiferi fluviali (i principali acquiferi della nostra zona) causato dall'ingentissima  escavazione di ghiaie protrattasi fino agli anni '80. Inoltre, in alcune zone dobbiamo fare i conti anche con la scarsa qualità dell'acqua, contaminata da vari elementi nocivi alla salute (boro, arsenico, mercurio, nitriti, ecc). A noi sembra chiaro che, in una simile situazione, i pochi acquiferi di buona qualità rimasti, come quelli posti presso il torrente Trossa o presso la località Il Fiorino, andrebbero destinati esclusivamente all'uso idropotabile. In un paese civile la popolazione non dovrebbe disporne per un'occasionale, gentile concessione di una multinazionale, ma in forza di una legge che privilegi gli usi civili dell'acqua. Guarda caso in Italia questa legge c'è: è la legge Galli, che antepone in modo inequivocabile l'impiego idropotabile a quello industriale. E' vero che in genere Solvay è più abile nelle ricerche d'acqua di Asa, e arriva sempre prima con i suoi pozzi laddove si trovi un buon acquifero. Ma quando la risorsa scarseggia, la priorità d'uso debbono prevalere sul criterio cronologico. Dobbiamo sempre sottolineare che in Val di Cecina il grosso dell'acqua è prelevata per usi industriali: soltanto dai pozzi Solvay localizzati presso la Cacciatina è indirizzato alle miniere del sale un quantitativo d'acqua circa triplo rispetto al fabbisogno per usi civili di tutta l'alta Val di Cecina. Non si può affermare, come talvolta si sente dire, che prelevando acqua dalla Cacciatina vengono impoveriti anche i pozzi per uso potabile di Puretta. Però è curioso sentire l'assessore provinciale Picchi sostenere che l'acqua della Cacciatina non è adatta per l'uso potabile e dunque può essere tranquillamente prelevata dall'industria di Rosignano. Così come accade oggi, cioè per milioni di metri cubi all'anno. Dimentica, l'assessore, che quella stessa acqua va (nella piccola parte che sfugge al prelievo Solvay) a ravvenare (col boro e tutto il resto) gli acquiferi di molti pozzi ad uso potabile che si trovano nella media e bassa Val di Cecina, dove le stagioni siccitose non fanno meno male. Si chieda ai Comuni di Guardistallo, Montescudaio e Cecina. Ovvio che, in una simile situazione, sia Asa che le amministrazioni pubbliche non possono più esimersi da investire nel recupero degli acquedotti esistenti, che ad oggi perdono per strada circa il 39% della risorsa. Per aggiustare tutto servono molti fondi, ma bisogna pur cominciare da qualche parte. Per esempio, noi inizieremmo dall'acquedotto delle Carline, che da troppi anni non porta più acqua a Volterra a causa di una frana mai sistemata. Occorre poi acquisire velocemente da parte degli enti pubblici quei laghetti della zona di Pomarance e Radicondoli, più di una volta impiegati nelle situazioni di emergenza. Si tratta di interventi urgenti, da attivare subito, per non dover tornare a stracciarsi le vesti la prossima estate.
Ribadita con forza, come da legge, la priorità dell'uso idropotabile, dovrebbero essere ricercate ulteriori fonti di approvvigionamento per l'industria. L'idea più ovvia è quella di un dissalatore per poter impiegare, almeno nei processi di Rosignano, acqua di mare anziché acqua del Cecina o di falda. Ma potrebbe essere valutata anche l'ipotesi di altri laghi artificiali, individuati sulla base di un'analisi comparata a scala di bacino. Il precedente per una simile analisi esiste (Raggi e Bicchi, 1985), fu commissionato dalle province di Pisa e Livorno e resta il lavoro di pianificazione più serio tra quelli pubblicati sul nostro territorio in materia di recupero di risorse idriche. Pianificare significa, infatti, scegliere progetto e sito, attraverso la valutazione di molteplici fattori oggettivi (tempi di realizzazione, costi, impatto ambientale, quantità invasate, qualità della risorsa, ecc.). Questo è il punto debole dei progetti di laghi presentati fino ad oggi, per ultimo quello di Puretta. Un sito posto a stretto contatto con la riserva naturale di Berignone e con l'ansa di Masso agli Specchi. Così vicino all'omonimo campo dei pozzi per uso acquedottistico da mettere a rischio la qualità della risorsa. Da molti ritenuto un progetto macchinoso e irrazionale. Come si fa a pretendere di realizzare un invaso scavando una buca di 14 ettari per una profondità di 24m? Da nessuna parte al mondo verrebbe presa in considerazione una simile idea, per i lunghi tempi di realizzazione, l'ingente spesa, l'eccessiva e irragionevole movimentazione di terreno. Dovunque servano invasi, vengono ottenuti realizzando sbarramenti su valli (in terra o in cemento). Chiediamo, quindi, alle amministrazioni competenti di impiegare bene i prossimi mesi invernali: acquisendo i tre laghetti posti in alta Val di Cecina (già impiegati in casi di crisi); riparando l'acquedotto, a cominciare dalla linea delle Carline nel settore di Zambra; riprendendo lo studio comparato sulle valli della zona, da cui scegliere la più adatta alla realizzazione di un lago artificiale.
Ben sapendo che per giungere ad una soluzione stabile, servirà anche – prioritariamente - una nuova fase di negoziazione con Solvay, per ridefinire gli usi idrici complessivi in Val di Cecina. Ma per avviare sul serio una simile trattativa, occorre sgombrare prima il campo dal progetto Puretta.

Progetto Originario - Commissione Ambiente

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