Partiamo
dal 4 dicembre. Quel giorno la grande maggioranza degli italiani si è
pronunciata dicendo in modo chiaro che non intende rinunciare né ai principi né
agli strumenti che la Costituzione della Repubblica Italiana si dette per
mantenere attive e vitali le garanzie democratiche. E’ stato bello riscoprire
che tanta gente, con opinioni politiche anche molto diverse, si ritrova ancora
unita e concorde almeno su questa base fondamentale per la convivenza civile, come
è giusto e normale che sia. Giusto e normale ma non scontato, perché le
sollecitazioni in senso contrario sono state molte, assillanti e artatamente
allettanti.
Eppure,
con un’affluenza alle urne altissima per un referendum, ben il 60 percento
degli italiani ha detto no alle scorciatoie decisioniste, all’accentramento dei
poteri, agli uomini soli al comando. Non era la prima volta, perché anche nel
2006 ci fu un referendum analogo, per la “riforma” costituzionale imposta al
parlamento dal governo Berlusconi. Anche in quell’occasione il martellamento
mediatico non bastò al governo a piegare la volontà della maggioranza degli
italiani, che nel 61 percento dei casi non si lasciò abbindolare e respinse al
mittente il papocchio. Vale la pena
ricordare anche ai corti di memoria, che nel 2006 furono i partiti del
centrosinistra a suonare la carica contro lo stravolgimento unilaterale della
Carta imposto alle Camere da Berlusconi, ma fu solo il buon senso dei cittadini
comuni a determinare il risultato. Allora come oggi.
Inutile
dire che siamo sollevati e orgogliosi per questo risultato per il quale ci
siamo battuti in condizioni spaventosamente impari, con nessun mezzo a
disposizione a parte la nostra ostinata e forse ingenua volontà di lasciare a
quelli che verranno dopo di noi un Paese non peggiore di quello che abbiamo
trovato. Auguriamo a coloro che non sono ancora nati di trovare, magari tra
vent’anni, un’Italia un po’ più onesta e libera dagli opportunismi faziosi. In
cui il bene comune venga prima, incontestabilmente prima, degli interessi di
parte. Auguriamo loro di trovare un Paese in cui sia ormai scontato pensare che
le fondamentali regole di convivenza civile abbiano senso solo se concordate
assieme agli altri. Dove la ricerca del dialogo non sia considerata una
insopportabile perdita di tempo, ma un tratto fondamentale della democrazia.
Dove la televisione di stato, finanziata dalle tasse di tutti, sia servizio
pubblico e non al servizio del governo.
Soprattutto
gli auguriamo di essere capaci di pensare con la propria testa e di possedere
la volontà e il coraggio delle proprie idee.
Progetto
per Volterra, Comitato cittadino per il NO
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