Solo
pochi mesi dopo il silenzio imposto dall’alto sul referendum sulle trivelle
così da far mancare il quorum, ci ritroviamo nel mezzo di un clamoroso
trambusto mediatico per il referendum costituzionale su cui Renzi ha deciso di
giocarsi una bella fetta dei suoi destini politici. Infatti, si vede bene che
il presidente del consiglio per vincere è disposto a tutto. A cominciare dal
palese abuso delle posizioni di governo. A cominciare dagli spazi sulla TV
pubblica. Gli ultimi dati pubblicati riguardo ai TG riferivano, infatti, del
78% del tempo dedicato alle ragioni del Sì contro soltanto il 22% concesso ai
sostenitori del No. Poi l’AGICOM ha interrotto la pubblicazione dei dati sul
pluralismo dell’informazione nelle TV di Stato, come denunciato dal presidente
della commissione di vigilanza sulla RAI, Fico. Non stupisce che molti dei
rappresentanti del PD che si scagliavano a gran voce contro gli abusi
propagandistici dei governi Berlusconi sui canali RAI, adesso siamo artefici e
sostenitori di comportamenti identici e perfino peggiori, come dimostra il
siluramento annunciato per fine stagione di una delle poche giornaliste RAI
davvero coraggiose, Milena Gabanelli di Report. Del resto, anche l’iter
parlamentare imposto alla “riforma” costituzionale è stato illuminante,
costellato da voti di fiducia, ricatti e forzature regolamentari per imporre a
tutto il parlamento una lunga serie di modifiche costituzionali decise solo da
una parte. La politica italiana è talmente scaduta, che scorrettezza e
incoerenza sono il (cattivo) pane quotidiano che ci viene propinato a
secchiate, senza tanti complimenti. Pochi ci fanno ancora caso. Ma basta
spegnere un attimo la TV e riflettere sul testo delle modifiche, per
comprendere dove la nuova costituzione, imposta al Parlamento dal governo Renzi, andrà
a parare. La sostanza della posta in gioco del prossimo referendum
costituzionale non è certo la forma pasticciata che assumerà il nuovo Senato:
quella è solo l’esca escogitata per far ingolosire gli elettori più
sprovveduti. Il punto nodale è invece l’abbandono sostanziale degli equilibri mantenuti
dalla costituzione vigente e l’inaugurazione di un sistema a democrazia
dimezzata. A nostro avviso, il principale problema della nostra costituzione è
la sua mancata applicazione circa numerosi aspetti, a favore di una prassi imposta
dai vertici dei partiti sempre più accentratori e refrattari a sottoporsi al
controllo. Il sistema progettato dalle modifiche costituzionali del duo
Renzi-Boschi sposterà ancora più (e in modo difficilmente reversibile) le
redini del potere dal parlamento (organo dove tutte le componenti della società
sono rappresentate) all’esecutivo e sulle segreterie dei partiti, che
riservandosi, grazie all’Italicum (versione renziana del Porcellum), il potere
di nomina dei futuri candidati alla camera e senatori, potranno controllare
strettamente i parlamentari. Non a caso si sono schierati per il No tutti i i
più autorevoli costituzionalisti italiani, da Gustavo Zagrebelsky a Valerio
Onida, passando per Lorenza Carlassare.Di fatto, salterà l’equilibrio tra
governo e parlamento, e il criterio del bilanciamento dei poteri, tanto caro ai
costituzionalisti del dopoguerra che bene o male ha garantito per circa un
sessantennio uno sviluppo abbastanza equilibrato, una sanità e una scuola per
tutti e un bagaglio di diritti fino ad allora sconosciuti agli italiani. Vale
la pena di richiamare il
documento di analisi redatto dalla potente agenzia finanziaria Jp Morgan nel 2013,
in
cui si affermava che le costituzioni di alcuni paesi dell’Europa mediterranea
dovevano essere cambiate con urgenza, a partire da quella italiana. Per le
ragioni che queste tendono a tutelare i diritti dei lavoratori e garantiscono
la licenza di protestare e dove si dichiara apertamente che: “le Costituzioni
nate dalla vittoria sul nazi-fascismo consegnano eccessivo potere ai parlamenti
rispetto agli esecutivi ed eccessivo potere agli enti locali rispetto ai
governi centrali”. Troppa democrazia, dunque, fa male alla finanza, che non
riesce a spremere quanto potrebbe da alcune nazioni europee. Ed ecco arrivata a
tappe forzate la riforma costituzionale scritta ad hoc e imposta al parlamento
dal giovane segretario del PD e capo del governo, con una spruzzata di
populismo per farla digerire agli elettori e tutti gli ingredienti richiesti da
oltre oceano. Con la benedizione dell’ambasciatore John Phillips e di
Marchionne.
Progetto per Volterra
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